Come promesso, ecco i testi in italiano delle trasmissioni di presentazione di Der Freihafen su Radio Maria della Svizzera tedesca.
Il testo originale è qui.
Il testo originale è qui.
JMW Turner "Peace - burial at sea" 1842, Tate Gallery, London |
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Prima trasmissione - Una foresta di segni
martedì 14. ottobre 2014 alle 14:00 su Radio Maria Deutschschweiz
"Una foresta di segni" è il nostro primo tema, tratto dalla raccolta di poesie di Charles Baudelaire „I fiori del male“. Non ci si deve spaventare di questo titolo! Dio è Signore di tutta la realtà, ma questa non sempre ci appare così come immaginiamo che debba essere il bene. Proprio per questo siamo immersi in una foresta di segni, completamente confusi.
Charles Baudelaire ha condensato il fascino e la ripugnanza del reale che contemporaneamente subiamoin una bellissima poesia, un sonetto:
Corréspondences
La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles ;
L’homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l’observent avec des regards familiers.
Comme de longs échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.
II est des parfums frais comme des chairs d'enfants,
Doux comme les hautbois, verts comme les prairies,
- Et d'autres, corrompus, riches et triomphants,
Ayant l'expansion des choses infinies,
Comme l'ambre, le musc, le benjoin et l'encens,
Qui chantent les transports de l'esprit et des sens.
***
Corrispondenze
La Natura è un tempio di vive colonne da cui emanano a volte parole - confuse, strane; L'uomo vi erra come in un bosco di segni, Che lo osservano con occhi familiari. Lunghe eco si confondono in lontananza In profonda e oscura unità, Vasta come la notte, ampia come il chiarore, Dove profumi, colori e suoni si corrispondono. Ci sono profumi freschi come i bambini, Dolci come l'oboe, verdi come i prati, e altri corrotti, ricchi, dominanti, Hanno l'espansione delle cose infinite, Come l'ambra, il muschio, la mirra e l'incenso, Cantano l'esultanza dello spirito e dei sensi. |
Ho preannunciato che avremmo descritto due diversi atteggiamenti, due approcci completamente diversi grazie alle musiche di Igor Strawinskys e Antonin Dvořák. Entrambi mettono a tema il ritorno della primavera: Strawinsky descrive nel suo balletto "La sagra di primavera" come la natura venga costretta con un incantesimo a produrre nuova vita, mentre Dvořák nella sua „Sinfonia del Nuovo Mondo“ ci introduce in un orizzonte dove dietro ad ogni segno si trova qualcosa di nuovo.
Comune ad entrambi i compositori è la natura stessa, ciò che intorno a noi e in noi stessi sgorga potentemente. Ciò che invece suona diverso è frutto della loro personale libertà, dell'interpretazione che ne danno. La grandezza di questi due artisti consiste nel fatto di aver potuto esprimere la loro scelta, e con ciò stesso la loro personalità, in modo tale da comunicarcela.
Strawinsky scrive: „Ero a San Pietroburgo e scrivevo le ultime pagine dell',Uccello di Fuoco‘, quando un giorno – in modo completamente inatteso, perché ero occupato con tutt'altre cose – fui travolto dalla visione di una grande celebrazione pagana: un cerchio di anziani osserva come una giovane ragazza danzi fino a morire in sacrificio al dio della primavera. Questo è il tema di ,Le sacre du printemps‘. Volevo descrivere la lucente resurrezione della natura, il suo risveglio a nuova vita, […] il risorgere del mondo intero.“
La prima rappresentazione del balletto ebbe luogo il 29 maggio 1913 a Parigi. Fin dalle prime note si udirono risuonare delle risa, che divennero poi un completo tumulto. Fu solo grazie alla stoica tranquillità del direttore che la rappresentazione poté essere condotta fino al suo termine.
Ascoltiamo adesso i primi minuti dell'Ouverture della „Sagra di primavera“ di Strawinsky, per poterla poi confrontare con l'inizio della „Sinfonia del Nuovo Mondo“ di Dvořák.
In poche parole vorrei tentare di darvi la chiave per l'ascolto di questa musica non facile.
L'oboe esegue da solo una melodia bella e triste. Chiamiamola la „melodia di colui che è in ricerca“. Poi gli strumenti suonano in modo discorde, come se l'orchestra avesse bisogno di ritrovarsi (come in Baudelaire, è come una „foresta di segni“ ammiccanti). La melodia iniziale ne è disturbata, e viene come strattonata qui e là, ma in seguito riappare assolutamente identica, come all'inizio. Questo significa sia che è indistruttibile, perché il desiderio che spinge a cercare non è azzerabile da nulla, sia anche la sua inconsapevolezza, la sua inesperienza, e il fatto che dagli incontri che le capitano non sembra aver imparato nulla. Non è preparata al pericolo, agli ostacoli e alle difficoltà che incontrerà, perché non ha saputo riconoscerne i segni e quando li incontra ne viene quasi distrutta.
Poi insorge una confusione tale da costringere alla fuga, finché il ritmo incalzante e imperioso di una marcia sembra voler assorbire in sé colui che è in ricerca. La fuga precipita a rotta di collo, ma cresce anche il fascino che emana dalla potenza del ritmo e dai suoni, di una profondità quasi sotterranea, fino a giungere all'ultimo, definitivo accordo.
Ascoltiamo come Strawinsky lo esprima:
Le Sacre du Printemps Introduction, Les Augures printaniers, Danses des adolescentes
[Igor Strawinsky stesso dirige la Comubia Symphony Orchester nella sala da ballo del St George Hotel, Brooklyn, New York, il 5 e 6 gennaio 1960. Sony Music Entertainment]
Vorrei pregarvi di ascoltare adesso come Dvořák proponga una descrizione completamente diversa della ricerca.
Anch'egli comincia con una melodia bella e triste che però non è caratterizzata dalla solitudine, perché è suonata insieme da diversi strumenti. Chiamiamo anche questa la „melodia di colui che è in ricerca“. Quasi subito si urta a qualcosa di completamente inatteso dove quasi si perde.
Ma immediatamente sentiamo risuonare i corni, come se qualcuno fosse stato chiamato in suo soccorso. La ricerca può perciò riprendere, ma con un'urgenza che precedentemente ignorava, perché adesso procede non più quasi passeggiando, ma correndo.
Dopo la corsa, la „melodia di colui che è in ricerca“ è di nuovo eseguita, ma questa volta dall'oboe solo. C'è infatti un momento in cui si è interpellati in completa solitudine, proprio noi personalmente, e non è più possibile nascondersi nella folla. Vedete, questo è l'instante in cui si decide la libertà: fuggirà dalla realtà oppure proseguirà in essa la sua ricerca?
La sinfonia di Dvořák descrive l'itinerario della scoperta, dell'incontro inquietante con l'inatteso, grazie al quale la domanda di colui che è in ricerca viene dilatata e attirata a ricercare l'inaudito, una novità che precedentemente non era in alcun modo immaginabile.
Ascoltiamo ora Dvořák stesso:
Antonin Dvořák, Sinfonia del Nuovo Mondo, Ouverture
[Antonio Pappano dirige l'Orchestra dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia]
Com'è diverso rispetto a Strawinsky, dove qualcosa di nuovo viene descritto come la produzione di un potere magico e imperioso, la vita viene costretta a riapparire per il fatto che si esercita su di essa il potere.
La drammaticità della ricerca non è certo assente in Dvořák, contribuendo non poco alla bellezza della sua descrizione, e questo perché l'apparire di qualcosa di nuovo rende necessario oltrepassare il limite stabilito, ma non si tratta della violenza del potere che costringe, è invece la forza indistruttibile del desiderio: infatti in Dvořák la possibilità di un dialogo è sempre conservata, e proprio in questo sta la vera novità.
Anche in Dvořák si percepisce una minaccia inquietante, e accade che da essa si fugga, eppure il fascino che da essa promana continua ad aumentare e non si risolve per finire in un trauma ma nello stupore ammirato.
Ascoltiamo come in Dvořák la ricerca si trasformi in un'avventura senza confine. „Allegro con fuoco“:
Antonin Dvořák, Sinfonia del nuovo mondo, "Allegro con fuoco"
[Antonio Pappano dirige l'Orchestra dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia]
Per Dvořák la ricerca è, come avete potuto sentire, un'avventura sempre nuova, nella quale la domanda di colui che è in ricerca si amplia continuamente divenendo così capace di accogliere il nuovo nell'imprevedibilità di ogni incontro.
In Strawinsky la ricerca diventa una fuga senza requie. Ascoltiamone qualche istante:
Le Sacre du Printemps, Jeu du rapt
[Igor Strawinsky stesso dirige la Comubia Symphony Orchester nella sala da ballo del St George Hotel, Brooklyn, New York, il 5 e 6 gennaio 1960. Sony Music Entertainment]
Questi tre immensi artisti, Baudelaire, Strawinsky e Dvořák, ci hanno permesso di intuire qualcosa di estremamente prezioso: il fatto che di fronte allo stesso dato - lo sfarzo della natura nel suo rinascere - possiamo assumere atteggiamenti molto diversi.
E proprio questa è la libertà, la libera posizione che, inizialmente in modo quasi impercepibile, ciascuno assume di fronte all'essere del mondo e al proprio. Non si tratta però affatto di una posizione neutrale, senza conseguenze, perché tutta la ricerca ne sarà determinata, con la possibilità di esserne distrutti o di raggiungere ciò a cui il desiderio si protende.
E proprio questa è la libertà, la libera posizione che, inizialmente in modo quasi impercepibile, ciascuno assume di fronte all'essere del mondo e al proprio. Non si tratta però affatto di una posizione neutrale, senza conseguenze, perché tutta la ricerca ne sarà determinata, con la possibilità di esserne distrutti o di raggiungere ciò a cui il desiderio si protende.
E la libertà che non accoglie le corrispondenze fra le cose come una distruzione di sé, ma come l'invito a una più alta, ancora inimmaginabile armonia, si può imparare, e a questo vuole servire il Freihafen, proponendo gratuitamente un aiuto allo studio ai giovani.
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Seconda trasmissione - Il bunker
giovedì 16 ottobre 2014 alle 14:00 Uhr su Radio Maria Deutschschweiz
giovedì 16 ottobre 2014 alle 14:00 Uhr su Radio Maria Deutschschweiz
“Nel Primo Libro dei Re si racconta che al giovane re Salomone, in occasione della sua intronizzazione, Dio concesse di avanzare una richiesta. Che cosa chiederà il giovane sovrano in questo momento? Successo, ricchezza, una lunga vita, l’eliminazione dei nemici? Nulla di tutto questo egli chiede. Domanda invece: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (1Re 3,9).
[...]
Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro correlazione. Questa scelta l’aveva già compiuta san Paolo, quando, nella sua Lettera ai Romani, afferma: “Quando i pagani, che non hanno la Legge [la Torà di Israele], per natura agiscono secondo la Legge, essi … sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza…” (Rm 2,14s). Qui compaiono i due concetti fondamentali di natura e di coscienza, in cui “coscienza” non è altro che il “cuore docile” di Salomone, la ragione aperta al linguaggio dell’essere.
[...]
Il concetto positivista di natura e ragione, la visione positivista del mondo è nel suo insieme una parte grandiosa della conoscenza umana e della capacità umana, alla quale non dobbiamo assolutamente rinunciare. Ma essa stessa nel suo insieme non è una cultura che corrisponda e sia sufficiente all’essere uomini in tutta la sua ampiezza.
[...]
La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto.
[...]
L'immagine dell'uomo che rinchiude la sua vita in un bunker viene descritta da Papa Benedetto dunque in questi termini: "La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale".
Perché mai ci siamo rinchiusi in una simile strettezza? Cosa è accaduto perché abbiamo da amministrare una simile eredità?
Luigi Giussani, un prete cattolico di Milano tenuto negli anni '80 una serie di lezioni proprio per rispondere a queste domande.
„La coscienza religiosa dell'uomo moderno“ di Luigi Giussani
1. L'uomo non si realizza più come persona unica incamminate verso il suo destino assolutamente personale, ma come una star hollywoodiana, come un idolo, primeggiando in qualcosa, qualunque cosa. Però in questo modo non realizza che una piccola parte di sé. Non può più essere considerato e onorato nella sua interezza, ma solo nell'apparenza alla quale il pubblico concede il suo favore applaudendola. Chi riesce a diventare una star, è arrivato, chi non ci riesce, non conta assolutamente niente.
2. Da dove prende l'uomo le energie sovrumane necessarie a diventare una star? Non le riceve più in regalo ogni mattina, ma deve costringere la natura a dargliele. E anche qui emerge il tema dell'alternativa fra quello che riceviamo in dono da quello che ci sta intorno, e quello che cerchiamo di ottenere con la forza. Dunque la natura deve servire l'uomo, che lo voglia o meno. Così viene costretta con mezzi tecnici fino a perdere la sua fisionomia originale e a diventare qualcosa di irriconoscibile, del quale non si capisce neppure più che possa veramente valere qualcosa. Diventa un rifiuto.
3. Qual'è l'umore dell'uomo che percorre questa strada? Come si sente, cosa pensa? È completamente perso in un ottimismo senza ragioni, per qualcosa che si realizzerà solo in un futuro imprecisato. Ma proprio per questo cadrà spessissimo in una sempre più profonda delusione, e il suo sentimento dominante sarà perciò la disperazione. Tutto quello che costruisce a sua protezione finisce con l'essere un tradimento del desiderio per cui si muoveva, e lui stesso è abbandonato alla mercé di qualunque cosa. La tragedia della Grecia antica, che i sapienti del Rinascimento hanno tanto ammirato, descriveva una situazione esistenziale simile a questa, e cioè come l'uomo non riesca a sfuggire a un fato cieco e crudele. Ma i Greci non avevano affatto lo sciocco ottimismo tipico invece dell'uomo moderno, e proprio questo costituisce l'intera dignità della loro grande espressione artistica.
4. Ora, il tentativo di ricreare ex novo se stessi e il mondo intero sembra oggi essere quasi a portata di mano, tanto che sembra di potere finalmente realizzare questo ideale. Ma proprio adesso percepiamo con ancora maggior chiarezza che neppure questo basta a soddisfare il desiderio. Tutti gli ideali sembrano perciò non essere altro che un'impostura, perché se anche il più audace fra essi non compie quello che prometteva, quale altro lo potrà mai? A volte riemerge il desiderio del divino, ma non trova in nessun angolo del bunker un segno della sua presenza: la religione, ridotta a parole e riti, qui si dissolve.
5. Poiché il bunker è stato creato per dominare la realtà e questo tentativo continuamente fallisce, lo spazio disponibile si restringe sempre più, nel tentativo di delimitare sempre meglio il dominabile. Ma proprio questa è la prova ultima che perfino nel bunker il desiderio continua ad operare.
Ci deve essere un'altra strada.
Papa Benedetto termina con queste parole il discorso al Parlamento tedesco:
"Ma come fare? Come trovare l’ingresso nella vastità, nell’insieme?
Come può la ragione ritrovare la sua grandezza senza scivolare nell’irrazionale?
Come può la natura apparire nuovamente nella sua vera profondità, nelle sue esigenze e con le sue indicazioni?
Richiamo alla memoria un processo della recente storia politica, nella speranza di non essere troppo frainteso né di suscitare troppe polemiche unilaterali. Direi che la comparsa del movimento ecologico nella politica tedesca a partire dagli anni Settanta, pur non avendo forse spalancato finestre, tuttavia è stata e rimane un grido che anela all’aria fresca, un grido che non si può ignorare né accantonare, perché vi si intravede troppa irrazionalità.
Persone giovani si erano rese conto che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va; che la materia non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni. È chiaro che qui non faccio propaganda per un determinato partito politico – nulla mi è più estraneo di questo.
Quando nel nostro rapporto con la realtà c’è qualcosa che non va, allora dobbiamo tutti riflettere seriamente sull’insieme e tutti siamo rinviati alla questione circa i fondamenti della nostra stessa cultura.
Mi sia concesso di soffermarmi ancora un momento su questo punto.
L’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza un punto che – mi pare – venga trascurato oggi come ieri: esiste anche un’ecologia dell’uomo.
Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere.
L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé.
L’uomo non crea se stesso.
Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé.
Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana."
La scuola, e soprattutto le classi dopo l'obbligatorietà, introduce al sapere a riguardo della natura in diverse delle sue materie: matematica, chimica, biologia, fisica. La lingua madre e le lingue straniere introduco alla complessa realtà dell'umano. Le lingue antiche, la storia, la filosofia, la psicologia, e l'arte apportano ancora altri importantissimi aspetti della nostra cultura.
Ma se tutta questa ricchezza si affastella nella memoria come in un magazzino, senza trovare un legame sintetico, si perderà come se non ci fosse mai stata. L'unità del sapere può solo costituirsi nella persona stessa di colui che apprende, perché egli stesso cresce nel sapere.
Il Freihafen vorrebbe contribuire alla personalizzazione dell'esperienza scolastica, proponendo un aiuto allo studio gratuito il sabato ad Adliswil. Se infatti non si sta da soli davanti a questo compito, ma con altri, che si pongono le stesse domande e che forse hanno già mosso qualche passo avanti, lo studiare tutte queste cose può diventare un'avventura senza fine.
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Terza trasmissione - La morte e la fanciulla
Il titolo è tratto dal capolavoro di Schubert scritto nel 1842, che egli immagina come un dialogo fra una fanciulla implorante e la morte.
Su questo brano sono stati versati i proverbiali fiumi di inchiostro, proprio perché irraggia una bellezza che però ci lascia inquieti, dominati da un disagio inesprimibile. Ciò che veramente è bello, come potrete sentire, è il fatto che l'implorare della fanciulla dura, non tace neppure davanti alla negazione della morte.
Continua a chiedere, gridare, bisbigliando magari, ma non smette mai, neppure quando il „no!“ della morte si fa freddo e duro come il ferro. La morte è implacabile e inamovibile, ma la domanda, il pianto, la speranza, il desiderio della fanciulla non può essere costretto al silenzio.
Proprio perché Schubert ha osato una simile affermazione della vita a dispetto di tutto, la sua opera irraggia la straordinaria bellezza che dobbiamo riconoscerle.
L'irraggiare della positività della vita al di là di ogni negazione e ostacolo, è la forma artistica che Schubert è stato capace di conferire a quest'opera, ed è questa la ragione per cui noi ancora oggi la ascoltiamo con grande emozione:
Schubert ci parla di una possibilità, ma c'è stata davvero storicamente una fanciulla che davanti alla morte ha avuto una posizione di apertura come quella descritta da Schubert, e alla quale anche noi possiamo partecipare.
Lei stava là, davanti a suo figlio, che veniva torturato, rifiutato, dissanguato, deriso, ammazzato in un modo orribile e del tutto ingiusto. Aveva dietro di sé una vita dura: come giovane madre aveva dovuto fuggire dal suo paese d'origine, anche se aveva potuto, diversamente da quanto accade oggi, tornarvi dopo alcuni anni.
Era una donna semplice, una donna di casa, una mdare. Si chiamava Maria, e suo figlio Gesù.
Vediamo come i due stiano uno di fronte all'altra sulla piccola collina fuori dalle mura della città, guardandosi faccia a faccia.
Cosa è passato nella sua mente e nella sua anima durante le tre ore di silenzio che è durata quell'agonia? Che atteggiamento aveva?
Quali sono stati i suoi pensieri?
Non sapeva che queste due cose: lui si era consegnato liberamente nelle mani dei suoi nemici ed era figlio di Dio, sapeva tutto quello che sarebbe successo. Lei conosceva il segreto della sua vita e solo su questo poteva ora appoggiarsi.
Wolfgang Amadeus Mozart ha potuto, secoli dopo, restituirci qualcosa dei pensieri che hanno attraversato Maria sotto la croce. Si tratta dell'„Agnus Dei“ della Messa dell'Incoronazione.
„Agnus Dei, qui tollis peccata mundi!“, „Agnello di Dio che togli i peccati del mondo!“ la madre chiama così suo Figlio per tre volte, prima che la sua domanda possa trovare un passaggio attraverso il peso che opprime il suo cuore: „dona nobis pacem!“ „dacci la pace!“.
Ascoltiamo:
La bellissima implorazione del soprano, si tende sul finire in una drammaticità inaudita, e si spegne dando luogo a un istante di perfetto silenzio.
Questo istante è la frattura attraverso la quale qualcosa d'Altro può fluire nell'aria viziata dello spazio chiuso. È l'istante della morte e dell'ultima impotenza dell'uomo: non può darsi da sé una risposta. La risposta viene dal di fuori.
Eppure ecco! È davvero un nuovo inizio: la voce del soprano rinasce, sembrerebbe dal niente, e al soprano si accompagna adesso il tenore, e poi il basso, e alla fine è tutto il coro a giubilare con lei.
Questo istante di silenzio è la fessura della libertà, che come una ferita percepiamo in noi stessi senza poterla curare: attraverso di essa, se resta aperta, può davvero rinascere l'intera creazione.
Dio è in attesa attraverso tutta la storia, che la libertà dell'uomo Gli si apra, perpoter così farlo entrare nella Sua vera vita.
Eppure questo è storicamente accaduto in questa donna in quell'istante.
E adesso anche a noi la strada sta aperta davanti: la vita che ora incomincia è nuova e non ha nessuna proprozione possibile con il dolore atroce e l'impotenza che l'hanno preceduta.
L'attimo di silenzio in Mozart esprime questa assenza di proporzione: c'è qualcosa di assolutamente nuovo.
Il coro canta all'unisono, ma sempre di nuovo emergono anche le voci soliste: “Dona nobis pacem”. Preghiamo che ci sia data la pace, l'unica cosa necessaria per vivere. Siamo infatti perfettamente incapaci di darcela da noi. E questa stessa preghiera è l'inizio della novità.
Senza una prospettiva che conferisca al tutto un orizzonte positivo, nessun dettaglio può ambire ad un senso. E invece, quando la totalità ha un senso umano, affascinante, attraente, anche ogni dettaglio troverà in esso il suo giusto posto. E proprio questo accade con le materie scolastiche, che sono in fonod totalmente insensate se manche un'ipotesi positiva per l'intera vita.
Che nulla possa porre obiezione alla positività della realtà questo ci è stato consegnato per sempre da quell'istante di totale silenzio.
Per un giovane l'impegno con il compito che la vita gli da, la scuola e il crescere, ha questo tipo di serietà, e a questo vuole servire il Freihafen proponendo un aiuto allo studio gratuito a 360 gradi.
Quarta trasmissione - Invito al dialogo su Der Freihafen
Su questo brano sono stati versati i proverbiali fiumi di inchiostro, proprio perché irraggia una bellezza che però ci lascia inquieti, dominati da un disagio inesprimibile. Ciò che veramente è bello, come potrete sentire, è il fatto che l'implorare della fanciulla dura, non tace neppure davanti alla negazione della morte.
Continua a chiedere, gridare, bisbigliando magari, ma non smette mai, neppure quando il „no!“ della morte si fa freddo e duro come il ferro. La morte è implacabile e inamovibile, ma la domanda, il pianto, la speranza, il desiderio della fanciulla non può essere costretto al silenzio.
Proprio perché Schubert ha osato una simile affermazione della vita a dispetto di tutto, la sua opera irraggia la straordinaria bellezza che dobbiamo riconoscerle.
L'irraggiare della positività della vita al di là di ogni negazione e ostacolo, è la forma artistica che Schubert è stato capace di conferire a quest'opera, ed è questa la ragione per cui noi ancora oggi la ascoltiamo con grande emozione:
Schubert ci parla di una possibilità, ma c'è stata davvero storicamente una fanciulla che davanti alla morte ha avuto una posizione di apertura come quella descritta da Schubert, e alla quale anche noi possiamo partecipare.
Lei stava là, davanti a suo figlio, che veniva torturato, rifiutato, dissanguato, deriso, ammazzato in un modo orribile e del tutto ingiusto. Aveva dietro di sé una vita dura: come giovane madre aveva dovuto fuggire dal suo paese d'origine, anche se aveva potuto, diversamente da quanto accade oggi, tornarvi dopo alcuni anni.
Era una donna semplice, una donna di casa, una mdare. Si chiamava Maria, e suo figlio Gesù.
Vediamo come i due stiano uno di fronte all'altra sulla piccola collina fuori dalle mura della città, guardandosi faccia a faccia.
Cosa è passato nella sua mente e nella sua anima durante le tre ore di silenzio che è durata quell'agonia? Che atteggiamento aveva?
Quali sono stati i suoi pensieri?
Non sapeva che queste due cose: lui si era consegnato liberamente nelle mani dei suoi nemici ed era figlio di Dio, sapeva tutto quello che sarebbe successo. Lei conosceva il segreto della sua vita e solo su questo poteva ora appoggiarsi.
Wolfgang Amadeus Mozart ha potuto, secoli dopo, restituirci qualcosa dei pensieri che hanno attraversato Maria sotto la croce. Si tratta dell'„Agnus Dei“ della Messa dell'Incoronazione.
„Agnus Dei, qui tollis peccata mundi!“, „Agnello di Dio che togli i peccati del mondo!“ la madre chiama così suo Figlio per tre volte, prima che la sua domanda possa trovare un passaggio attraverso il peso che opprime il suo cuore: „dona nobis pacem!“ „dacci la pace!“.
Ascoltiamo:
La bellissima implorazione del soprano, si tende sul finire in una drammaticità inaudita, e si spegne dando luogo a un istante di perfetto silenzio.
Questo istante è la frattura attraverso la quale qualcosa d'Altro può fluire nell'aria viziata dello spazio chiuso. È l'istante della morte e dell'ultima impotenza dell'uomo: non può darsi da sé una risposta. La risposta viene dal di fuori.
Eppure ecco! È davvero un nuovo inizio: la voce del soprano rinasce, sembrerebbe dal niente, e al soprano si accompagna adesso il tenore, e poi il basso, e alla fine è tutto il coro a giubilare con lei.
Questo istante di silenzio è la fessura della libertà, che come una ferita percepiamo in noi stessi senza poterla curare: attraverso di essa, se resta aperta, può davvero rinascere l'intera creazione.
Dio è in attesa attraverso tutta la storia, che la libertà dell'uomo Gli si apra, perpoter così farlo entrare nella Sua vera vita.
Eppure questo è storicamente accaduto in questa donna in quell'istante.
E adesso anche a noi la strada sta aperta davanti: la vita che ora incomincia è nuova e non ha nessuna proprozione possibile con il dolore atroce e l'impotenza che l'hanno preceduta.
L'attimo di silenzio in Mozart esprime questa assenza di proporzione: c'è qualcosa di assolutamente nuovo.
Il coro canta all'unisono, ma sempre di nuovo emergono anche le voci soliste: “Dona nobis pacem”. Preghiamo che ci sia data la pace, l'unica cosa necessaria per vivere. Siamo infatti perfettamente incapaci di darcela da noi. E questa stessa preghiera è l'inizio della novità.
Senza una prospettiva che conferisca al tutto un orizzonte positivo, nessun dettaglio può ambire ad un senso. E invece, quando la totalità ha un senso umano, affascinante, attraente, anche ogni dettaglio troverà in esso il suo giusto posto. E proprio questo accade con le materie scolastiche, che sono in fonod totalmente insensate se manche un'ipotesi positiva per l'intera vita.
Che nulla possa porre obiezione alla positività della realtà questo ci è stato consegnato per sempre da quell'istante di totale silenzio.
Per un giovane l'impegno con il compito che la vita gli da, la scuola e il crescere, ha questo tipo di serietà, e a questo vuole servire il Freihafen proponendo un aiuto allo studio gratuito a 360 gradi.
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sabato 18 ottobre 2014 alle 14:00 Uhr su Radio Maria Deutschschweiz
questa trasmissione non proponeva altri contenuti, ma solo un dialogo con i radioascoltatori su quanto precede.
questa trasmissione non proponeva altri contenuti, ma solo un dialogo con i radioascoltatori su quanto precede.