martedì 29 marzo 2016

Amico.

dal sito di CL.

«Vi ho chiamato amici» (Gv 15,15). Saluto di Julián Carrón all’inizio del Triduo pasquale di GS

Julián Carrón Saluto all’inizio del Triduo pasquale di GS, Rimini, 24 marzo 2016

Carissimi,
commuove che Gesù ci chiami amici.
Che cosa significa questo? Amico è uno che ama la mia vita, il mio compimento, la mia pienezza.
È questa pienezza che voglio, che attendo segretamente da quando il desiderio di felicità ha cominciato a balenare dentro di me.
Tuttavia, malgrado questo desiderio sia così impellente – ogni fibra del nostro essere lo grida −, che fatica assecondarlo nella vita quotidiana! 
A volte, infatti, ci sembra addirittura contro di noi, tanto è lancinante. 
Altre volte ci domandiamo se non sarebbe meglio per noi che non fosse così incalzante. 
Tutti sappiamo per esperienza che non è facile trovare chi vive all’altezza del proprio desiderio. Allo stesso modo sappiamo che senza la presenza di un amico grande ci arrenderemmo presto davanti alle urgenze della vita. 
È a questo punto che si rende palese il significato dell’amicizia di Gesù. Senza un amico come Gesù, che ci accompagna e ci sostiene, sarebbe quasi impossibile non gettare la spugna. 

Perciò comprendiamo la verità delle Sue parole: «Senza di me non potete fare nulla» (Gv 15,5); e allora Gli diciamo: «Senza di Te non possiamo fare nulla». 
È il Suo abbraccio che ci salva. Con Lui accanto la vita è diversa, più piena. Come Lo avranno percepito amico i discepoli per rispondere a Gesù, come ha fatto Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna» (Gv 6,68), Tu solo hai parole che riempiono la vita. 
In questo Anno Santo della misericordia e in questi giorni della Sua passione, morte e risurrezione, vi auguro che diventi sempre più vostra la domanda che sorge nel cuore di chi è raggiunto dal Suo sguardo amico: Chi sei tu, Cristo, chi sei tu che non possiamo fare a meno di Te, una volta che Ti abbiamo incontrato? 
Buona Pasqua! 
Il vostro amico Julián

mercoledì 23 marzo 2016

Sorgono a Lesbo i primi campi di concentramento in Europa dopo il 1945

Da repubblica.it
Migranti in coda per entrare nel campo di Moria (afp)
Migranti, Msf e Unhcr non lavoreranno più nel campo di Lesbo: é come Guantanamo
La struttura ha subito una metamorfosi da quando è entrato in vigore l'accordo Ue-Turchia: mille rifugiati chiusi nelle baracche contro la loro volontà, senza la possibilità di muoversi, privati dei telefonini. Le due organizzazioni umanitarie: "Non saremo complici di questa crudeltà"


L'articolo completo è qui:
http://www.repubblica.it/solidarieta/profughi/2016/03/23/news/migranti_lesbo-136118806/?ref=HREC1-8

martedì 22 marzo 2016

Giovanni Pascoli: Il focolare. È un'esigenza naturale irriducibile, ma delude, perché non c'è nïente. Perché non c'è? Se c'è il balenìo, se c'è l'esigenza, perché non c'è? Lo dice lui che non c'è!

Da Si può (veramente?!) vivere così? di Luigi Giussani, pagina 584: 
È l'idea della chiesa secondo Pascoli. È un'esigenza naturale irriducibile. È un'esigenza naturale questa, ma deludente, perché è il balenìo di una cosa che non c'è. Perché non c'è? Se c'è il balenìo, se c'è l'esigenza, perché non c'è? Lo dice lui che non c'è!!

I
È notte. Un lampo ad or ad or s'effonde,
e rileva in un gran soffio di neve
gente che va né dove sa né donde.

Vanno. Via via l'immensa ombra li beve.
E quale è solo e quale tien per mano
un altro sé dal calpestìo più breve.

E chi gira per terra l'occhio vano,
e chi lo volge al dubbio d'una voce,
e chi l'innalza verso il ciel lontano,

e chi piange, e chi va muto e feroce.


II
Piangono i più. Passano loro grida
inascoltate: niuno sa ch'è pieno,
intorno a lui, d'altro dolor che grida.

Ma vede ognuno, al guizzo d'un baleno,
una capanna sola nel deserto;
e dice ognuno nel suo cuore - Almeno

riposerò! - Dal vagolare incerto
volgono a quella sotto l'aer bruno.
Eccoli tutti avanti l'uscio aperto

della capanna, ove non è nessuno.


III
Sono ignoti tra loro, essi, venuti
dai quattro venti al tacito abituro:
a uno a uno penetrano muti.

- Qui non fa così freddo e così scuro! -
dicono tra un sospiro ed un singulto;
e si assidono mesti intorno al muro.

E dietro il muro palpita il tumulto
di tutto il cielo, sempre più sonoro:
gemono al buio, l'uno all'altro occulto;

tremano... Un focolare è in mezzo a loro.


IV
Un lampo svela ad or ad or la gente
mesta, seduta, con le braccia in croce,
al focolare in cui non è nïente.

Tremano: in tanto il bàttito veloce
sente l'un cuor dell'altro. Ognuno al fianco
trova un orecchio, trova anche una voce;

e il roseo bimbo è presso il vecchio bianco,
e la pia donna all'uomo: allo straniero
omero ognuno affida il capo stanco,

povero capo stanco di mistero. 


V
Ed ecco parla il buon novellatore,                      [il don Gius dice: il prete]
e la sua fola pendula scintilla,
come un'accesa lampada, lunghe ore

sopra i lor capi. Ed ecco ogni pupilla
scopre nel vano focolare il fioco
fioco riverberìo d'una favilla.

Intorno al vano focolare a poco
a poco niuno trema più né geme
più: sono al caldo; e non li scalda il fuoco,

ma quel loro soave essere insieme.


VI
Sporgono alcuni, con in cuor la calma,
le mani al fuoco: in gesto di preghiera
sembrano tese l'una e l'altra palma.

I giovinetti con letizia intiera
siedon del vano focolare al canto,
a quella fiamma tiepida e non vera.

Le madri, delle mani una soltanto
tendono; l'altra è lì, sopra una testa
bionda. C'è dolce ancora un po' di pianto,

nella capanna ch'urta la tempesta.


VII
Oh! dolce è l'ombra del comun destino,
al focolare spento. Esce dal tetto
alcuno e va per suo strano cammino;

e la tempesta rompe aspro col petto
maledicendo; e qualche sua parola
giunge a quel mondo placido e soletto,

che veglia insieme; e il nero tempo vola
su le loro soavi anime assorte
nel lungo sogno d'una lenta fola;

mentre all'intorno mormora la morte.

domenica 20 marzo 2016

'Because of their faithfulness, they were in the right place at the right time and were ready when the Bridegroom came.'

Eyewitness Account of ISIS Attack on Mother Teresa's Sisters in Yemen 


'I’m amazed by the faith reflected in those words,' said Auxiliary Bishop Edward Rice of St. Louis on March 14. 'Because of their faithfulness, they were in the right place at the right time and were ready when the Bridegroom came.'


 03/17/2016 


Courtesy of the Apostolic Vicariate of Southern Arabia
Clockwise from upper right: Sister Anselm, Sister Reginette, Sister Judith and Sister Marguerite, the Missionaries of Charity sisters who were killed in Aden, Yemen, by two gunmen who attacked their convent on March 4.
– Courtesy of the Apostolic Vicariate of Southern Arabia
On March 4, following the ISIS attack on a Missionaries of Charity home for the elderly and disabled in Aden, Yemen, the sole survivor member of the order, Sister Sally, conveyed her testimony of the massacre to Sister Rio. Sister Rio’s account was recorded by another Missionary of Charity, Sister Adriana.
This testimony was circulated to religious communities in the United States as Secretary of State John Kerry was considering whether to declare that the Islamic State’s actions in the Middle East constituted genocide against Christians and other religious minorities. On March 17, Secretary Kerry designated the terrorist organization's actions as genocide
During a March 14 Mass that honored the four Missionaries of Charity who died in Aden, Bishop Edward Rice, an auxiliary bishop in the Archdiocese of St. Louis, quoted Sister Rio’s powerful statement regarding the death of her fellow sisters: “Because of their faithfulness they were in the right place at the right time and were ready when the Bridegroom came.”
“I’m amazed by the faith reflected in those words,” said Bishop Rice. “The Holy Father speculates that, at the moment of their death, Blessed Teresa of Calcutta was waiting for her sisters, to bring them to the Lord,” Bishop Rice said. “But not to disagree with Pope Francis, I think even more so, at the moment of their death, Christ himself was there to greet them and proclaimed, ‘Well done, good and faithful servants. Come, receive your Master’s joy.’”
Images of the three pages of photocopied handwritten testimony are available here: Page 1Page 2 and Page 3. A PDF containing all three pages can be downloaded here. Following is the text of the testimony, with emphases added in bold:
* * * * * * * * * *
SISTER RIO’S WORDS TO SISTER ADRIANA, MC: Friday, midday, March 4, 2016
Sisters had Mass, breakfast as usual. As usual, Father stays back in chapel to say prayers, then to fix things around the compound.

8:00am: Said apostolate prayer and all 5 went to home.

8:30am: ISIS dressed in blue came in, killed guard and driver.
5 young Ethiopian men (Christian) began running to tell the sisters ISIS was here to kill them. They were killed one by one. They tied them to trees, shot them in the head and smashed their heads.
The sisters ran 2 by 2 in different directions, as they have mens and ladies home. 4 working women were screaming, “Don’t kill the sisters! Don’t kill the sisters!” One was the cook for 15 years. They killed them as well.
They caught Sr. Judith and Sr. Reginette first, tied them up, shot them in the head and smashed their heads. When the sisters ran in different directions, the Superior ran to the convent to try to warn Father Tom.
They caught Sr. Anselm and Sr. Marguerite, tied them, shot them in the head and smashed their heads in the sand.
Meanwhile, the Superior could not get to the convent. It is not clear how many ISIS men were there.
She saw all the sisters and helpers killed. The ISIS men were already getting to the convent so she went into the refridgerator room, since the door was open. These ISIS men were everywhere, searching for her, as they knew there were 5. At least three times they came into the fridgerator room. She did not hide, but remained standing behind the door – they never saw her. This is miraculous.
Meanwhile, at the convent, Father had heard the screaming and consumed all the Hosts. He had no time to consume the large Host, so he threw the oil out of the sanctuary lamp and dissolved it in the water.
A neighbor saw them put Father Tom in their car. They did not find any trace of Father anywhere. All the religious articles were smashed and destroyed – Our Lady, crucifix, altar, tabernacle, lectionary stand – even their prayer books and Bibles.

10:00 or 10:15am: The ISIS men finished and left.
Sr. Sally came to get the bodies of the sisters. She got them all. She went to the patients to each one individually to see if they were OK. All were OK. Not one was hurt.
The son of the woman who was the cook (who was killed) was calling her on her cellphone. Since she was not answering, he called the police, and he went with the police there and found this great massacre. 

The police and the son arrived at about 10:30am.
The police tried to take Sr. Sally out of there — she refused to leave the people who were crying, “Don’t leave us; stay with us.” But the police forced her to go with them because the ISIS knew there were 5 sisters, and they were convinced they will not stop until they kill her too. So finally she had to leave. She took one set of clothes and the sisters’ bodies, and the police brought them to an international hospital called “Doctors Without Borders” for protection. As there was not enough room in the mortuary of that hospital for the sisters’ bodies, the police brought their bodies to a bigger hospital mortuary.
Sr. Sally told Sr. Rio she is so sad because she is alone and did not die with her sisters. Sr. Rio told her God wanted a witness and told her, “Who would have found the sisters’ bodies and who would ever tell us what happened? God wants us to know.
Pope Francis had his secretary contact the Yemen Secretary of State very often – about once a week to check up on the sisters and reassure them of his closeness. Today, the Pope’s secretary sent the message: “I thank them — Little M.C. martyrs.” He said he is offering the 40-hour First Friday devotion for them.
Sr. Sally told Sr. Rio that Fr. Tom tells them every day, “Let us be ready for martyrdom.”
Sr. Judith — they were trying so hard to take her for senior course, but they were not able to get her out.
Sr. Reginette  — they were trying to send her for junior course but could not get her out.
God wanted them there.
Aden is rich city – a port city. Aden wanted to be its own state, so they got ISIS in to help them fight against Yemen. So ISIS won for Aden. That was the war last year, with all the bombing. They won, so that is over, but ISIS won’t leave. They want to take over and exterminate any Christian presence. They did not kill the sisters in the war because they had no political reason to waste time on them. But now, they are the only Christian presence, and ISIS wants to get rid of all Christianity. So they are real martyrs — died because they are Christians. They could have died so many times in the war, but God wanted it to be clear they are martyrs for the faith.
Sr. Rio said Sr. Sally is fully surrendered. The police are trying to get her out because they will just keep after her until they kill her. She is fully surrendered and told Sr. Rio – whatever God wants. She said the other Muslims are so respectful of them. She said to pray that their blood will be the seeds for peace in the Middle East and to stop the ISIS.
She said that if they kidnapped Father Tom most probably they will wait 2 days, then ask in exchange for Father Tom either money or the release of their members held in prison.
Sr. Rio said they were so faithful – ISIS knew exactly when they leave and when to break in. And because of their faithfulness, they were in the right place at the right time and were ready when the Bridegroom came.
Sr. Adriana said she thinks the crushing of the heads has some evil connection with “She will crush head of the serpent,” some kind of mockery or evil meaning.
CORRECT NAMES:
Sister M. Sally, MC (Superior)
Sister M. Anselm, MC (Bihar)
Sister M. Marguerite, MC (Rwanda)
Sister M. Judith, MC (Kenya)
Sister M. Reginette, MC (Rwanda)

mercoledì 16 marzo 2016

Papa Benedetto intervistato sulla fede: «Perché io possa credere ho bisogno di testimoni che hanno incontrato Dio e me lo rendono accessibile. La Chiesa non si è fatta da sé, essa è stata creata da Dio e viene continuamente formata da Lui. Ciò trova la sua espressione nei sacramenti, innanzitutto in quello del battesimo: io entro nella Chiesa non già con un atto burocratico, ma mediante il sacramento. E ciò equivale a dire che io vengo accolto in una comunità che non si è originata da sé e che si proietta al di là di se stessa. [...] È chiaro che dobbiamo riflettere sull’intera questione»

Con un grazie a Rachele per questo testo, che purtroppo non so dove abbia trovato.
Ho scoperto da dove viene il testo: per i filologi (e anche per gli ecclesio-pettegoli) qui è spiegato tutto.



Cos’è la fede?

Intervista inedita a Benedetto XVI

di Jacques Servais

16 marzo 2016

Santità, la questione posta quest’anno nel quadro delle giornate di studio (8-10 ottobre 2015) promosse dalla Rettoria del Gesù a Roma è quella della giustificazione per la fede. L’ultimo volume della Sua Opera omnia (GS IV) mette in evidenza la Sua affermazione risoluta: «La fede cristiana non è un’idea, ma una vita». Commentando la celebre affermazione paolina (Rm 3,28), Lei ha parlato, a questo proposito, di una duplice trascendenza: «La fede è un dono ai credenti comunicato attraverso la Comunità, la quale da parte sua è frutto del dono di Dio» («Glaube ist Gabe durch die Gemeinschaft, die sich selbst gegeben wird», GS TV; 512). Potrebbe spiegare che cosa ha inteso con quell’affermazione, tenendo conto naturalmente del fatto che l’obiettivo di queste giornate è chiarire la teologia pastorale e vivificare l’esperienza spirituale dei fedeli? 

«Si tratta della questione: cosa sia la fede e come si arrivi a credere. Per un verso la fede è un contatto profondamente personale con Dio, che mi tocca nel mio tessuto più intimo e mi mette di fronte al Dio vivente in assoluta immediatezza in modo cioè che io possa parlargli, amarlo ed entrare in comunione con lui. Ma al tempo stesso questa realtà massimamente personale ha inseparabilmente a che fare con la comunità: fa parte dell’essenza della fede il fatto di introdurmi nel noi dei figli di Dio, nella comunità peregrinante dei fratelli e delle sorelle. La fede deriva dall’ascolto (fides ex auditu), ci insegna san Paolo. L’ascolto a sua volta implica sempre un partner. La fede non è un prodotto della riflessione e neppure un cercare di penetrare nelle profondità del mio essere. Entrambe le cose possono essere presenti, ma esse restano insufficienti senza l’ascolto mediante il quale Dio dal di fuori, a partire da una storia da Lui stesso creata, mi interpella. Perché io possa credere ho bisogno di testimoni che hanno incontrato Dio e me lo rendono accessibile. La Chiesa non si è fatta da sé, essa è stata creata da Dio e viene continuamente formata da Lui. Ciò trova la sua espressione nei sacramenti, innanzitutto in quello del battesimo: io entro nella Chiesa non già con un atto burocratico, ma mediante il sacramento. E ciò equivale a dire che io vengo accolto in una comunità che non si è originata da sé e che si proietta al di là di se stessa. La pastorale che intende formare l’esperienza spirituale dei fedeli deve procedere da questi dati fondamentali. È necessario che essa abbandoni l’idea di una Chiesa che produce se stessa e far risaltare che la Chiesa diventa comunità nella comunione del corpo di Cristo. Essa deve introdurre all’incontro con Gesù Cristo e portare alla Sua presenza nel sacramento».

Quando Lei era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, commentando la Dichiarazione congiunta della Chiesa cattolica e della Federazione luterana mondiale sulla dottrina della giustificazione del 31 ottobre 1999, ha messo in evidenza una differenza di mentalità in rapporto a Lutero e alla questione della salvezza e della beatitudine così come egli la poneva. L’esperienza religiosa di Lutero era dominata dal terrore davanti alla collera di Dio, sentimento piuttosto estraneo all’uomo moderno, marcato piuttosto dall’assenza di Dio (basti rileggere il suo articolo scritto per la rivista Communio nel 2000). La dottrina di Paolo della giustificazione per la fede, in questo nuovo contesto, può raggiungere l’esperienza “religiosa” o almeno l’esperienza “elementare” dei nostri contemporanei? 

«Innanzitutto tengo a sottolineare ancora una volta quello che scrivevo su Communio 2000 in merito alla problematica della giustificazione. Per l’uomo di oggi, rispetto al tempo di Lutero e alla prospettiva classica della fede cristiana, le cose si sono in un certo senso capovolte, ovvero non è più l’uomo che crede di aver bisogno della giustificazione al cospetto di Dio, bensì egli è del parere che sia Dio che debba giustificarsi a motivo di tutte le cose orrende presenti nel mondo e di fronte alla miseria dell’essere umano, tutte cose che in ultima analisi dipenderebbero da lui. A questo proposito trovo indicativo il fatto che un teologo cattolico assuma in modo addirittura diretto e formale tale capovolgimento: Cristo non avrebbe patito per i peccati degli uomini, ma anzi avrebbe per così dire cancellato le colpe di Dio. Anche per ora la maggior parte dei cristiani non condivide un così drastico capovolgimento della nostra fede, si può dire che tutto ciò fa emergere una tendenza di fondo del nostro tempo. Quando Johann Baptist Metz sostiene che la teologia di oggi deve essere «sensibile alla teodicea» (theodizeeempfindlich), ciò mette in risalto lo stesso problema in modo positivo. Anche a prescindere da una tanto radicale contestazione della visione ecclesiale del rapporto tra Dio e l’uomo, l’uomo di oggi ha in modo del tutto generale la sensazione che Dio non possa lasciar andare in perdizione la maggior parte dell’umanità. In questo senso la preoccupazione per la salvezza tipica di un tempo è per lo più scomparsa. Tuttavia, a mio parere, continua ad esistere, in altro modo, la percezione che noi abbiamo bisogno della grazia e del perdono. Per me è un “segno dei tempi” il fatto che l’idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante – a partire da suor Faustina, le cui visioni in vario modo riflettono in profondità l’immagine di Dio propria dell’uomo di oggi e il suo desiderio della bontà divina. Papa Giovanni Paolo II era profondamente impregnato da tale impulso, anche se ciò non sempre emergeva in modo esplicito. Ma non è di certo un caso che il suo ultimo libro, che ha visto la luce proprio immediatamente prima della sua morte, parli della misericordia di Dio. A partire dalle esperienze nelle quali fin dai primi anni di vita egli ebbe a constatare tutta la crudeltà degli uomini, egli afferma che la misericordia è l’unica vera e ultima reazione efficace contro la potenza del male. Solo là dove c’è misericordia finisce la crudeltà, finiscono il male e la violenza. Papa Francesco si trova del tutto in accordo con questa linea. La sua pratica pastorale si esprime proprio nel fatto che egli ci parla continuamente della misericordia di Dio. È la misericordia quello che ci muove verso Dio, mentre la giustizia ci spaventa al suo cospetto. A mio parere ciò mette in risalto che sotto la patina della sicurezza di sé e della propria giustizia l’uomo di oggi nasconde una profonda conoscenza delle sue ferite e della sua indegnità di fronte a Dio. Egli è in attesa della misericordia. Non è di certo un caso che la parabola del buon samaritano sia particolarmente attraente per i contemporanei. E non solo perché in essa è fortemente sottolineata la componente sociale dell’esistenza cristiana, né solo perché in essa il samaritano, l’uomo non religioso, nei confronti dei rappresentanti della religione appare, per così dire, come colui che agisce in modo veramente conforme a Dio, mentre i rappresentanti ufficiali della religione si sono resi, per così dire, immuni nei confronti di Dio. È chiaro che ciò piace all’uomo moderno. Ma mi sembra altrettanto importante tuttavia che gli uomini nel loro intimo aspettino che il samaritano venga in loro aiuto, che egli si curvi su di essi, versi olio sulle loro ferite, si prenda cura di loro e li porti al riparo. In ultima analisi essi sanno di aver bisogno della misericordia di Dio e della sua delicatezza. Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l’attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente. Mi pare che nel tema della misericordia divina si esprima in un modo nuovo quello che significa la giustificazione per fede. A partire dalla misericordia di Dio, che tutti cercano, è possibile anche oggi interpretare daccapo il nucleo fondamentale della dottrina della giustificazione e farlo apparire ancora in tutta la sua rilevanza».

Negli Esercizi Spirituali, Ignazio di Loyola non utilizza le immagini veterotestamentarie di vendetta, al contrario di Paolo (come si evince nella seconda lettera ai Tessalonicesi); ciò non di meno egli invita a contemplare come gli uomini, fino alla Incarnazione, «discendevano all’inferno» e a considerare l’esempio dagli «innumerevoli altri che vi sono finiti per molti meno peccati di quelli che ho commesso io». È in questo spirito che san Francesco Saverio ha vissuto la propria attività pastorale, convinto di dover tentare di salvare dal terribile destino della perdizione eterna quanti più «infedeli» possibile. Si può dire che su questo punto, negli ultimi decenni, c’è stato una sorta di «sviluppo del dogma» di cui il Catechismo deve assolutamente tenere conto? 

«Non c’è dubbio che in questo punto siamo di fronte a una profonda evoluzione del dogma. Mentre i Padri e i teologi del medioevo potevano ancora essere del parere che nella sostanza tutto il genere umano era diventato cattolico e che il paganesimo esistesse ormai soltanto ai margini, la scoperta del nuovo mondo all’inizio dell’era moderna ha cambiato in maniera radicale le prospettive. Nella seconda metà del secolo scorso si è completamente affermata la consapevolezza che Dio non può lasciare andare in perdizione tutti i non battezzati e che anche una felicità puramente naturale per essi non rappresenta una reale risposta alla questione dell’esistenza umana. Se è vero che i grandi missionari del XVI secolo erano ancora convinti che chi non è battezzato è per sempre perduto, e ciò spiega il loro impegno missionario, nella Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II tale convinzione è stata definitivamente abbandonata. Da ciò derivò una doppia profonda crisi. Per un verso ciò sembra togliere ogni motivazione a un futuro impegno missionario. Perché mai si dovrebbe cercare di convincere delle persone ad accettare la fede cristiana quando possono salvarsi anche senza di essa? Ma pure per i cristiani emerse una questione: diventò incerta e problematica l’obbligatorietà della fede e della sua forma di vita. Se c’è chi si può salvare anche in altre maniere non è più evidente, alla fin fine, perché il cristiano stesso sia legato alle esigenze dalla fede cristiana e alla sua morale. Ma se fede e salvezza non sono più interdipendenti, anche la fede diventa immotivata. Negli ultimi tempi sono stati formulati diversi tentativi allo scopo di conciliare la necessità universale della fede cristiana con la possibilità di salvarsi senza di essa. Ne ricordo qui due: innanzitutto la ben nota tesi dei cristiani anonimi di Karl Rahner. In essa si sostiene che l’atto-base essenziale dell’esistenza cristiana, che risulta decisivo in ordine alla salvezza, nella struttura trascendentale della nostra coscienza consiste nell’apertura al tutt’altro, verso l’unità con Dio. La fede cristiana avrebbe fatto emergere alla coscienza ciò che è strutturale nell’uomo in quanto tale. Perciò quando l’uomo si accetta nel suo essere essenziale, egli adempie l’essenziale dell’essere cristiano pur senza conoscerlo in modo concettuale. Il cristiano coincide dunque con l’umano e in questo senso è cristiano ogni uomo che accetta se stesso anche se egli non lo sa. È vero che questa teoria è affascinante, ma riduce il cristianesimo stesso a una pura conscia presentazione di ciò che l’essere umano è in sé e quindi trascura il dramma del cambiamento e del rinnovamento che è centrale nel cristianesimo.
Ancor meno accettabile è la soluzione proposta dalle teorie pluralistiche della religione, per le quali tutte le religioni, ognuna a suo modo, sarebbero vie di salvezza e in questo senso nei loro effetti devono essere considerate equivalenti. La critica della religione del tipo di quella esercitata dall’Antico Testamento, dal Nuovo Testamento e dalla Chiesa primitiva è essenzialmente più realistica, più concreta e più vera nella sua disamina delle varie religioni. Una ricezione così semplicistica non è proporzionata alla grandezza della questione. Ricordiamo da ultimo soprattutto Henri de Lubac e con lui alcuni altri teologi che hanno fatto forza sul concetto di sostituzione vicaria. Per essi la proesistenza di Cristo sarebbe espressione della figura fondamentale dell’esistenza cristiana e della Chiesa in quanto tale. È vero che così il problema non è del tutto risolto, ma a me pare che questa sia in realtà l’intuizione essenziale che così tocca l’esistenza del singolo cristiano. Cristo, in quanto unico, era ed è per tutti e i cristiani, che nella grandiosa immagine di Paolo costituiscono il suo corpo in questo mondo, partecipano di tale essere-per. Cristiani, per così dire, non si è per se stessi, bensì, con Cristo, per gli altri. Ciò non significa una specie di biglietto speciale per entrare nella beatitudine eterna, bensì la vocazione a costruire l’insieme, il tutto. Quello di cui la persona umana ha bisogno in ordine alla salvezza è l’intima apertura nei confronti di Dio, l’intima aspettativa e adesione a Lui, e ciò viceversa significa che noi assieme al Signore che abbiamo incontrato andiamo verso gli altri e cerchiamo di render loro visibile l’avvento di Dio in Cristo. È chiaro che dobbiamo riflettere sull’intera questione».

venerdì 11 marzo 2016

Augusto Gianola. Io non ho paura di niente. Ho paura quando progetto una cosa, ma quando mi ci metto, la paura scompare.




Padre Gheddo scrive:
      Quando ho scritto la sua biografia, diversi confratelli mi dicevano: “Lascia perdere, era un missionario atipico e fuori da ogni regola”. Allora ho chiesto a mons. Aristide Pirovano, che era stato vescovo di Macapà in Amazzonia e poi superiore generale del Pime, e mi risponde: “Sì, scrivila perché Augusto era un uomo sincero e di sicura fede. Può fare del bene. Ma non presentarlo come un missionario tipico del Pime, perché di Gianola ne basta uno. Due sarebbero troppi!”.

I miei quarti di nobiltà: Mons. Aristide Pirovano è il vescovo che mi ha cresimata. 
E in Augusto Gianola è incarnato il mio ideale di vita.

Cari saluti,
Ida

giovedì 10 marzo 2016

La passione di Cristo: l'uomo, ciascuno di noi.

Con un grazie a preghiereagesuemaria.it per questo testo.


Via Crucis 

con don Luigi Giussani


Lo Spirito, che ha fatto il Dio uomo e ha reso questo uomo capace di morire per noi e l'ha risuscitato con la sua potenza dai morti, operi anche in noi queste meraviglie, strappi via la curiosità del nostro essere qui, del nostro riandare ai fatti, del nostro reimmaginarci quello che è accaduto senza comprendere, senza penetrare mai, senza lasciarci sfidare mai dal significato reale della questione. Per questo diciamo l'invocazione con tutto il cuore: Gloria. 

I STAZIONE - Gesù condannato a morte

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Pilato lo diede nelle loro mani perché fosse crocifisso; presero dunque Gesù e lo condussero via” (Gv 19,16).
Meditazione:
Noi siamo tra gli uccisori di Cristo come tutti gli altri, ma lo siamo in un modo assolutamente particolare com'è particolare il suo rapporto con noi. Eppure rimane inesorabile questa Presenza nella nostra vita, perché essa Gli appartiene.

Il Signore, nella Sua Misericordia, ci ha scelti, ci ha perdonati, ci ha  abbracciati e riabbracciati. Egli ha preso su di sé tutti i nostri peccati, noi siamo già perdonati. Deve manifestarsi. Come? Attraverso il cuore mio che L'accoglie, che Lo riconosce. È una cosa così semplice, ma non c'è nulla di più divino nel mondo, di più miracoloso, cioè di più grande anticipo dell'evidenza ultima ed eterna. Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

II STAZIONE - Gesù caricato della croce

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Ed egli, portando su di sé la croce, uscì verso il luogo detto Cranio, in ebraico Golgota” (Gv 19,17).

«Tu cammini con noi nel deserto». Questa parola è vera. Non togli il deserto che è la nostra vita, ma in questo deserto parli e questa parola è pane che ci sazia, roccia su cui costruire. Questo è il dolore della Tua  Croce: sei venuto a camminare con noi e Ti lasciamo solo. Che gli occhi nostri e il nostro cuore si commuovano nella memoria di questa Tua Presenza sacrificata, di questo Tuo camminare nel deserto. Volontariamente Egli abbracciò la Croce. Questa volontà di sacrificio, chi tra noi l'ha resa abituale? 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

III STAZIONE - Gesù cade la prima volta

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Guardai attorno e nessuno che mi aiutasse; attesi ansioso e nessuno che mi sostenesse” (Is 63,5).

Questo è il delitto, il venir meno dell'uomo a se stesso, a ciò di cui è fatto, cioè a se stesso, il venir meno dell'uomo a se stesso. Il peccato. Che scrosciante imponenza assume, allora, questa parola: peccato. E si  capisce tale parola dalla sua origine, dalla sua radice che è la dimenticanza di Te, o Padre. Affidarsi a Lui vuol dire seguirLo, accettarne la legge. Può sembrare sacrificio, ma è per la gioia. Conviene a noi questa via in cui il  sacrificio è condizione per diventare maturi, grandi. La nostra coscienza diverrà più profonda, il Consolatore ci verrà dato. La salvezza è dono - non è una nostra ricerca, un nostro sforzo - e ha un nome: Cristo. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

IV STAZIONE - Gesù incontra sua madre

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Gesù vide la Madre lì presente” (GV 19,26).

Il primo significato dello sguardo che la Madre porta al Figlio è una  identificazione. Chi avrebbe creduto che il Creatore, perché noi vivessimo il rapporto con tutte le cose, avrebbe dovuto perderle per poi riaverle! Sua Madre lo ha creduto subito. Madonna, rendici partecipi della coscienza con cui tu guardavi tuo Figlio  morire solo, solo, sulla croce. Guardavi tuo Figlio camminare con gli uomini per cui è venuto a morire, solo. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

V STAZIONE - Il cireneo aiuta Gesù a portare la croce

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Or mentre lo conducevano al patibolo, presero un certo Simone di Cirene e gli posero addosso la Croce” (Lc 23,26).

C'è un fatto grosso come una montagna, che viene prima, e la tua strada ci  deve passare: Dio ci ha amati per primo. Nessuno di noi può strappare dalla trama della sua esistenza questo fatto: sei stato chiamato. Dio ci ha  scelti, siamo proprietà particolare di Dio, la nostra vita Gli appartiene. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

VI STAZIONE - La Veronica asciuga il volto di Gesù

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno dei più piccoli, l’avete fatta a me” (Mt 25,40).

Non ha bellezza, né aspetto suggestivo il sacrificio. Il sacrificio è Cristo che patisce e muore. Egli è il significato della nostra vita, perciò deve incidere nel presente, perché ciò che non è amato nel presente non è amato, e ciò che non è affermato nel presente non è affermato. «Il tuo nome nacque da ciò che fissavi» (Giovanni Paolo II). La legge dell'esistere è l'amore, perché l'amore è affermare con il proprio agire qualcosa d'altro. Tutta la vita è funzione di qualcosa di più grande, è funzione di Dio. La nostra vita è funzione di Te, o Cristo. «Cerco il tuo volto». «Cerco il tuo volto», questa è l'essenza del tempo. «Cerco il tuo volto», questa è l'essenza del cuore. «Cerco il tuo volto», questa è la natura della ragione. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

VII STAZIONE - Gesù cade la seconda volta

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Consegnò la sua vita alla morte, e fu annoverato tra i malfattori” (Is 52,12).

Se portiamo attenzione alle nostre giornate, ad ogni input di sacrificio che, imposto dalla vocazione, noi assecondiamo, realmente ci percepiamo redentori, ricostruttori di città distrutte, redentori con Cristo. Allora  la nostra azione si spalanca, si apre: con la presenza di Cristo, con il cuore di Cristo, la nostra vita personale spacca gli orizzonti e si apre all'Infinito, un Infinito che, come la luce del sole, penetra fin nei tuguri e nei luoghi oscuri, tutto rendendo nuovo. Dobbiamo collaborare a ciò per cui Cristo è morto. «Vocazione» vuol dire essere chiamati particolarmente a questo, a rendere inevitabile per noi questo: partecipare a quell'azione per cui Cristo è morto per redimere, per salvare gli uomini. Non potremo andare per strada e guardare le facce degli altri se non sentendo uno struggimento, uno struggente desiderio di salvarli. È dentro questo struggimento che si salva se stessi. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

VIII STAZIONE - Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli” (Lc 23,28).

Lo sguardo a Cristo non si può portare se non nella coscienza di essere peccatori. Che si è peccatori non è un giudizio se non emerge quando guardiamo la faccia di Colui che abbiamo contristato. Le nostre giornate sono dominate invece dalla distrazione, così il cuore rimane arido e in quello che facciamo siamo pieni di pretesa. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

IX STAZIONE - Gesù cade la terza volta

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Quasi esanime a terra mi ha ridotto; già mi vanno accerchiando i cani in frotta” (Sal 22,17).

«Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori». Dio è positività, Dio è l'Essere; tutto ciò che non finisce in questa parola non è, non è vero, non è reale. Tutto finisce in questa parola, attraverso il sacrificio. È nel sacrificio che tutto diventa vero, compreso te stesso e la tua stessa vita. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

X STAZIONE - Gesù è spogliato delle vesti

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Divisero le sue vesti, tirarono a sorte la sua veste per sapere a chi di loro dovesse toccare” (Mt 15,24).

Dobbiamo accettare di rinnegare l'immediatezza con cui le cose ci si  presentano o ci sollecitano, aderire alla via di Dio misteriosa che ci invita a seguire la sua parola, a seguire la sua rivelazione, il modo con cui Lui stesso è venuto a salvarci, per liberarci. È andato in croce per liberarci dal fascino del nulla, per liberarci dal fascino delle apparenze, dell'effimero. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

XI STAZIONE - Gesù è inchiodato alla croce

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Fu crocifisso insieme ai malfattori, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra” (Lc 23,33).

Cristo in croce è il peccato condannato dal Padre. La croce di Cristo è l'esplosione della coscienza del male. Noi entriamo in rapporto con Cristo per la coscienza che abbiamo del peccato. Qui si attua la caduta senza fine in noi: nell'assenza della coscienza del peccato e nella coscienza falsa del peccato; perché il rimorso, lo scetticismo non sono coscienza del peccato. Chi ha coscienza del proprio peccato ha anche la coscienza della liberazione. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

XII STAZIONE - Gesù muore in croce

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Quando Gesù ebbe preso l’aceto esclamò: Tutto è compiuto! Poi, chinato il capo, rese lo spirito” (Gv 19,30).

Non possiamo dimenticare a quale prezzo siamo stati salvati, ogni giorno. Il sacrificio non è un'obiezione, neanche la sconfitta umana è un'obiezione, ma è la radice della Resurrezione, è la possibilità di una vita vera.
L'avvenimento che riaccade qui ed ora, se è innanzitutto un fatto - un fatto che non si può ridurre a nulla, che non si può censurare, che non si può più cancellare -, se è innanzitutto un fatto, è un fatto per te, che ti interessa supremamente. È un fatto per te! Per te, per me, per me! "Per te" è la voce che si sprigiona dal cuore del Crocifisso. "Per me" è l'eco che ne soffre il cuore mio, la coscienza mia.
Tutto cadrebbe nella morte senza questa voce, senza questa Presenza. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

XIII STAZIONE - Gesù deposto dalla croce

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“E Giuseppe d’Arimatea prese io corpoe lo avvolse in un bianco lenzuolo” (Mt 27,59).

Tutto il mondo giudica castigo il dolore, giudica l'uomo raggiunto dal dolore, costretto alla rinuncia, al sacrificio come percosso da Dio e umiliato, ma Maria no. Come era chiaro al suo cuore, crocifisso con quello di Cristo, che il castigo che ci dà salvezza, che esalta la vita si era abbattuto su di Lui e per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome.
Fac ut ardeat cor meum in amando Christum Deum ut sibi complaceam.

Ecco la grande legge morale. Qui insorge la vera legge morale che è la scaturigine della morale: piacere al Mistero, piacere a quell'uomo crocifisso, piacere al mistero di Dio che si è reso uomo e fu crocifisso per me, e risorse perché io fossi liberato. 

Pater, Ave, Gloria.

Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

XIV STAZIONE - Gesù è posto nel sepolcro

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
“Giuseppe lo mise in un sepolcro scavato nella pietra, dove nessuno ancora era stato messo” (Lc 23,53).

La soglia della verità del sacrificio sta nella domanda: «Dio, affrettati in mio soccorso». Il muoversi della pietra sulla tomba delle nostre azioni vuote incomincia qui. La Resurrezione incomincia da questo aspetto di infinita impotenza nostra che è la mendicanza, da questo supremo riconoscimento che Dio solo è potente, e di suprema gratitudine perché Egli, che ha iniziato la nostra esistenza, vuol portarla a compimento. Niente c'è di più espressivo della comunicabilità universale, cattolica, ecumenica, di un cuore reso nuovo dal "sì" a Cristo, da quella speranza in Lui per cui ognuno di noi quotidianamente riprende la ricerca, il desiderio, la domanda, il sacrificio della purità. Sempre vivendo una pace nella mortificazione continuamente ravvivata. 

Pater, Ave, Gloria.
Santa Madre, deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore. 

Preghiamo - Guarda, Dio onnipotente, l'umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa' che riprenda vita per la passione del Tuo unico Figlio. Egli è Dio e vive e regna con Te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen 

martedì 8 marzo 2016

Donna. Un mistero, per chiunque.

Dalla conversazione con un mio amico:

lui: Senti delle donne non si capisce niente.
io: eh già. Ma guarda, inteso in generale, Dio è maschio, no? Padre, Figlio e Spirito Santo. E lui ha fatto Maria.
lui: cioè, ha fatto qualcosa di cui neanche lui capisce niente!!!

e giù a ridere come due scemi...

venerdì 4 marzo 2016

Le cose che con Teresa non si negoziano. Appuntamento il 12 marzo a Lugano, il Ciani in viale Cattaneo.

Questa famiglia dal week end scorso ha una casa invece di un container.
Cos'è un container?
Un coso di metallo e cartone senza acqua, elettricità, riscaldamento. Ci stanno bene i topi perché è un filo più caldo che fuori e ci si trova da mangiare qualcosa.
Perché stavano in un container?
Perché 28 anni fa nel nord dell'Armenia c'è stato un terremoto, e da allora non hanno avuto altro.
E nessuno ha fatto niente?!
Certo, sono venuti molti giornalisti, molte ONG, molti politici. Hanno parlato, fotografato, dato qualcosa. Ma nessuno gli ha dato un'alternativa.
E gli armeni della diaspora?
Hanno dato fiumi di soldi, che però... non sono arrivati a destinazione, altrimenti si vedrebbe.
E poi cos'è successo?
È successo che Teresa se n'è accorta.
Come ha fatto?
Ha l'intelligenza della fede! La fede fa vedere cose che ci sono ma che tutti gli altri non riescono a vedere.
E poi Teresa cos'ha fatto?
Ha cominciato a portargli legna, vestiti, ha fatto a Natale una bellissima festa per i bambini. Poi ha cominciato a mandare fotografie ai suoi amici, agli amici degli amici (evviva Facebook!). Poi ha invitato a cena i suoi amici "normali" e il ristorante la cena l'ha offerta. I soldi raccolti sono serviti a comprare case, case, case per queste famiglie. Adesso si farà per lo stesso scopo un pranzo a Lugano, il sabato 12 marzo, nel Ciani in via Cattaneo, alle 13. Le donne armene di Lugano prepareranno manicaretti, si esporranno le ceramiche fatte Gyumri (il paese terremotato) e tutto il ricavato andrà a comprare case, case, case.
Parallelamente ci sarà una cena a Mosca, e se ne prevede una a New York.
E le famiglie?!
Certe non volevano che il loro container, una volta che si fossero trasferite, fosse raso al suolo.
E Teresa?!
Ha detto: queste cose con me non si negoziano.
cari saluti,
Ida

P.s. Teresa mi ha detto che la bambina alla fine del video prega il Padre Nostro piangendo. Purtroppo l'armeno...