venerdì 26 dicembre 2014

Natale 214: La Madonna, il villaggio e la fiaccola

" L'abbandono al Padre che Cristo vive 
trova le sue radici umane 
nella sapienza dell'umanità nuova di Maria 
cresciuta e plasmata 
nell'affidamento al Mistero 
nel quale aveva generato il figlio." 


Marc Chagall - La Madonna del villaggio - 1938-1942 - Madrid 

sabato 13 dicembre 2014

Der Freihafen su Radio Maria: la traduzione in italiano

Come promesso, ecco i testi in italiano delle trasmissioni di presentazione di Der Freihafen su Radio Maria della Svizzera tedesca. 
Il testo originale è qui.

JMW Turner "Peace - burial at sea" 1842, Tate Gallery, London 















***

Prima trasmissione - Una foresta di segni 

martedì 14. ottobre 2014 alle 14:00 su Radio Maria Deutschschweiz

"Una foresta di segni" è il nostro primo tema, tratto dalla raccolta di poesie di Charles Baudelaire „I fiori del male“. Non ci si deve spaventare di questo titolo! Dio è Signore di tutta la realtà, ma questa non sempre ci appare così come immaginiamo che debba essere il bene. Proprio per questo siamo immersi in una foresta di segni, completamente confusi.
Charles Baudelaire ha condensato il fascino e la ripugnanza del reale che contemporaneamente subiamoin una bellissima poesia, un sonetto:

Corréspondences


La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles ;
L’homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l’observent avec des regards familiers.

Comme de longs échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

II est des parfums frais comme des chairs d'enfants,
Doux comme les hautbois, verts comme les prairies,
- Et d'autres, corrompus, riches et triomphants,


Ayant l'expansion des choses infinies,
Comme l'ambre, le musc, le benjoin et l'encens,
Qui chantent les transports de l'esprit et des sens.

***

Corrispondenze
La Natura è un tempio di vive colonne
da cui emanano a volte parole - confuse, strane;
L'uomo vi erra come in un bosco di segni,
Che lo osservano con occhi familiari.

Lunghe eco si confondono in lontananza
In profonda e oscura unità,
Vasta come la notte
, ampia come il chiarore,
Dove profumi, colori e suoni si corrispondono.

Ci sono profumi freschi come i bambini,
Dolci come l'oboe, verdi come i prati,
e altri corrotti, ricchi, dominanti,

Hanno l'espansione delle cose infinite,
Come l'ambra, il muschio, la mirra e l'incenso,
Cantano l'esultanza dello spirito e dei sensi.


Ma essere confusi non è in sé un male: riflette il fatto che siamo liberi, e la libertà che abbiamo è la nostra vera ricchezza, cioè la possibilità di essere interpellati personalmente ad interpretare i segni con la nostra stessa vita, dandole forma, oppure distruggendola.

Ho preannunciato che avremmo descritto due diversi atteggiamenti, due approcci completamente diversi grazie alle musiche di Igor Strawinskys e Antonin Dvořák. Entrambi mettono a tema il ritorno della primavera: Strawinsky descrive nel suo balletto "La sagra di primavera" come la natura venga costretta con un incantesimo a produrre nuova vita, mentre Dvořák nella sua „Sinfonia del Nuovo Mondo“ ci introduce in un orizzonte dove dietro ad ogni segno si trova qualcosa di nuovo.

Comune ad entrambi i compositori è la natura stessa, ciò che intorno a noi e in noi stessi sgorga potentemente. Ciò che invece suona diverso è frutto della loro personale libertà, dell'interpretazione che ne danno. La grandezza di questi due artisti consiste nel fatto di aver potuto esprimere la loro scelta, e con ciò stesso la loro personalità, in modo tale da comunicarcela.

Strawinsky scrive: „Ero a San Pietroburgo e scrivevo le ultime pagine dell',Uccello di Fuoco‘, quando un giorno – in modo completamente inatteso, perché ero occupato con tutt'altre cose – fui travolto dalla visione di una grande celebrazione pagana: un cerchio di anziani osserva come una giovane ragazza danzi fino a morire in sacrificio al dio della primavera. Questo è il tema di ,Le sacre du printemps‘. Volevo descrivere la lucente resurrezione della natura, il suo risveglio a nuova vita, […] il risorgere del mondo intero.“

La prima rappresentazione del balletto ebbe luogo il 29 maggio 1913 a Parigi. Fin dalle prime note si udirono risuonare delle risa, che divennero poi un completo tumulto. Fu solo grazie alla stoica tranquillità del direttore che la rappresentazione poté essere condotta fino al suo termine.

Ascoltiamo adesso i primi minuti dell'Ouverture della „Sagra di primavera“ di Strawinsky, per poterla poi confrontare con l'inizio della „Sinfonia del Nuovo Mondo“ di Dvořák.
In poche parole vorrei tentare di darvi la chiave per l'ascolto di questa musica non facile.

L'oboe esegue da solo una melodia bella e triste. Chiamiamola la „melodia di colui che è in ricerca“. Poi gli strumenti suonano in modo discorde, come se l'orchestra avesse bisogno di ritrovarsi (come in Baudelaire, è come una „foresta di segni“ ammiccanti). La melodia iniziale ne è disturbata, e viene come strattonata qui e là, ma in seguito riappare assolutamente identica, come all'inizio. Questo significa sia che è indistruttibile, perché il desiderio che spinge a cercare non è azzerabile da nulla, sia anche la sua inconsapevolezza, la sua inesperienza, e il fatto che dagli incontri che le capitano non sembra aver imparato nulla. Non è preparata al pericolo, agli ostacoli e alle difficoltà che incontrerà, perché non ha saputo riconoscerne i segni e quando li incontra ne viene quasi distrutta.

Poi insorge una confusione tale da costringere alla fuga, finché il ritmo incalzante e imperioso di una marcia sembra voler assorbire in sé colui che è in ricerca. La fuga precipita a rotta di collo, ma cresce anche il fascino che emana dalla potenza del ritmo e dai suoni, di una profondità quasi sotterranea, fino a giungere all'ultimo, definitivo accordo.

Ascoltiamo come Strawinsky lo esprima:

Le Sacre du Printemps Introduction, Les Augures printaniers, Danses des adolescentes
[Igor Strawinsky stesso dirige la Comubia Symphony Orchester nella sala da ballo del St George Hotel, Brooklyn, New York, il 5 e  6 gennaio 1960. Sony Music Entertainment]


Vorrei pregarvi di ascoltare adesso come Dvořák proponga una descrizione completamente diversa della ricerca.
Anch'egli comincia con una melodia bella e triste che però non è caratterizzata dalla solitudine, perché è suonata insieme da diversi strumenti. Chiamiamo anche questa la „melodia di colui che è in ricerca“. Quasi subito si urta a qualcosa di completamente inatteso dove quasi si perde.

Ma immediatamente sentiamo risuonare i corni, come se qualcuno fosse stato chiamato in suo soccorso. La ricerca può perciò riprendere, ma con un'urgenza che precedentemente ignorava, perché adesso procede non più quasi passeggiando, ma correndo.

Dopo la corsa, la „melodia di colui che è in ricerca“ è di nuovo eseguita, ma questa volta dall'oboe solo. C'è infatti un momento in cui si è interpellati in completa solitudine, proprio noi personalmente, e non è più possibile nascondersi nella folla. Vedete, questo è l'instante in cui si decide la libertà: fuggirà dalla realtà oppure proseguirà in essa la sua ricerca?

La sinfonia di Dvořák descrive l'itinerario della scoperta, dell'incontro inquietante con l'inatteso, grazie al quale la domanda di colui che è in ricerca viene dilatata e attirata a ricercare l'inaudito, una novità che precedentemente non era in alcun modo immaginabile.

Ascoltiamo ora Dvořák  stesso:

Antonin Dvořák, Sinfonia del Nuovo Mondo, Ouverture
[Antonio Pappano dirige l'Orchestra dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia]


Com'è diverso rispetto a Strawinsky, dove qualcosa di nuovo viene descritto come la produzione di un potere magico e imperioso, la vita viene costretta a riapparire per il fatto che si esercita su di essa il potere.

La drammaticità della ricerca non è certo assente in Dvořák, contribuendo non poco alla bellezza della sua descrizione, e questo perché l'apparire di qualcosa di nuovo rende necessario oltrepassare il limite stabilito, ma non si tratta della violenza del potere che costringe, è invece la forza indistruttibile del desiderio: infatti in Dvořák la possibilità di un dialogo è sempre conservata, e proprio in questo sta la vera novità.

Anche in Dvořák si percepisce una minaccia inquietante, e accade che da essa si fugga, eppure il fascino che da essa promana continua ad aumentare e non si risolve per finire in un trauma ma nello stupore ammirato.

Ascoltiamo come in Dvořák la ricerca si trasformi in un'avventura senza confine. „Allegro con fuoco“:

Antonin Dvořák, Sinfonia del nuovo mondo, "Allegro con fuoco"
[Antonio Pappano dirige l'Orchestra dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia]

Per Dvořák la ricerca è, come avete potuto sentire, un'avventura sempre nuova, nella quale la domanda di colui che è in ricerca si amplia continuamente divenendo così capace di accogliere il nuovo nell'imprevedibilità di ogni incontro. 

In Strawinsky la ricerca diventa una fuga senza requie. Ascoltiamone qualche istante:

Le Sacre du Printemps, Jeu du rapt [Igor Strawinsky stesso dirige la Comubia Symphony Orchester nella sala da ballo del St George Hotel, Brooklyn, New York, il 5 e 6 gennaio 1960. Sony Music Entertainment]

Questi tre immensi artisti, Baudelaire, Strawinsky e Dvořák, ci hanno permesso di intuire qualcosa di estremamente prezioso: il fatto che di fronte allo stesso dato - lo sfarzo della natura nel suo rinascere - possiamo assumere atteggiamenti molto diversi.

E proprio questa è la libertà, la libera posizione che, inizialmente in modo quasi impercepibile, ciascuno assume di fronte all'essere del mondo e al proprio. Non si tratta però affatto di una posizione neutrale, senza conseguenze, perché tutta la ricerca ne sarà determinata, con la possibilità di esserne distrutti o di raggiungere ciò a cui il desiderio si protende. 

E la libertà che non accoglie le corrispondenze fra le cose come una distruzione di sé, ma come l'invito a una più alta, ancora inimmaginabile armonia, si può imparare, e a questo vuole servire il Freihafen, proponendo gratuitamente un aiuto allo studio ai giovani.

***



Papa Benedetto ha tenuto davanti al parlamento tedesco un discorso di portata epocale, nel quale troviamo un'immagine straordinariamente parlante e semplice della situazione culturale e umana in cui ci troviamo noi, che siamo alla ricerca di qualcosa che ancora neppure conosciamo. La ricerca ha infatti condizioni che la rendono possibile o può doversi arrabattare in circostanze così sfavorevoli da renderla quasi impossibile … se cerchiamo qualcosa di asciutto non sarà certo nell'acqua che lo troveremo!


Benedetto XVI, Discorso al Bundestag (estratti)

“Nel Primo Libro dei Re si racconta che al giovane re Salomone, in occasione della sua intronizzazione, Dio concesse di avanzare una richiesta. Che cosa chiederà il giovane sovrano in questo momento? Successo, ricchezza, una lunga vita, l’eliminazione dei nemici? Nulla di tutto questo egli chiede. Domanda invece: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (1Re 3,9).

[...]
Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro correlazione. Questa scelta l’aveva già compiuta san Paolo, quando, nella sua Lettera ai Romani, afferma: “Quando i pagani, che non hanno la Legge [la Torà di Israele], per natura agiscono secondo la Legge, essi … sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza…” (Rm 2,14s). Qui compaiono i due concetti fondamentali di natura e di coscienza, in cui “coscienza” non è altro che il “cuore docile” di Salomone, la ragione aperta al linguaggio dell’essere. 
[...]
Il concetto positivista di natura e ragione, la visione positivista del mondo è nel suo insieme una parte grandiosa della conoscenza umana e della capacità umana, alla quale non dobbiamo assolutamente rinunciare. Ma essa stessa nel suo insieme non è una cultura che corrisponda e sia sufficiente all’essere uomini in tutta la sua ampiezza.
[...]
La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto.
[...]

L'immagine dell'uomo che rinchiude la sua vita in un bunker viene descritta da Papa Benedetto dunque in questi termini: "La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale".
Perché mai ci siamo rinchiusi in una simile strettezza? Cosa è accaduto perché abbiamo da amministrare una simile eredità?
Luigi Giussani, un prete cattolico di Milano tenuto negli anni '80 una serie di lezioni proprio per rispondere a queste domande.

„La coscienza religiosa dell'uomo moderno“ di Luigi Giussani

Riassumendo, dice: si tratta di uno sviluppo che parte dal Rinascimento, quando alcuni studiosi, affascinati dalla ricchezza dell'antichità greca e latina appena riscoperta, hanno pensato di poter ricostruire se stessi e il mondo a partire da zero. La loro costruzione si presenta come segue:

1. L'uomo non si realizza più come persona unica incamminate verso il suo destino assolutamente personale, ma come una star hollywoodiana, come un idolo, primeggiando in qualcosa, qualunque cosa. Però in questo modo non realizza che una piccola parte di sé. Non può più essere considerato e onorato nella sua interezza, ma solo nell'apparenza alla quale il pubblico concede il suo favore applaudendola. Chi riesce a diventare una star, è arrivato, chi non ci riesce, non conta assolutamente niente.

2. Da dove prende l'uomo le energie sovrumane necessarie a diventare una star? Non le riceve più in regalo ogni mattina, ma deve costringere la natura a dargliele. E anche qui emerge il tema dell'alternativa fra quello che riceviamo in dono da quello che ci sta intorno, e quello che cerchiamo di ottenere con la forza. Dunque la natura deve servire l'uomo, che lo voglia o meno. Così viene costretta con mezzi tecnici fino a perdere la sua fisionomia originale e a diventare qualcosa di irriconoscibile, del quale non si capisce neppure più che possa veramente valere qualcosa. Diventa un rifiuto.

3. Qual'è l'umore dell'uomo che percorre questa strada? Come si sente, cosa pensa? È completamente perso in un ottimismo senza ragioni, per qualcosa che si realizzerà solo in un futuro imprecisato. Ma proprio per questo cadrà spessissimo in una sempre più profonda delusione, e il suo sentimento dominante sarà perciò la disperazione. Tutto quello che costruisce a sua protezione finisce con l'essere un tradimento del desiderio per cui si muoveva, e lui stesso è abbandonato alla mercé di qualunque cosa. La tragedia della Grecia antica, che i sapienti del Rinascimento hanno tanto ammirato, descriveva una situazione esistenziale simile a questa, e cioè come l'uomo non riesca a sfuggire a un fato cieco e crudele. Ma i Greci non avevano affatto lo sciocco ottimismo tipico invece dell'uomo moderno, e proprio questo costituisce l'intera dignità della loro grande espressione artistica.

4. Ora, il tentativo di ricreare ex novo se stessi e il mondo intero sembra oggi essere quasi a portata di mano, tanto che sembra di potere finalmente realizzare questo ideale. Ma proprio adesso percepiamo con ancora maggior chiarezza che neppure questo basta a soddisfare il desiderio. Tutti gli ideali sembrano perciò non essere altro che un'impostura, perché se anche il più audace fra essi non compie quello che prometteva, quale altro lo potrà mai? A volte riemerge il desiderio del divino, ma non trova in nessun angolo del bunker un segno della sua presenza: la religione, ridotta a parole e riti, qui si dissolve.

5. Poiché il bunker è stato creato per dominare la realtà e questo tentativo continuamente fallisce, lo spazio disponibile si restringe sempre più, nel tentativo di delimitare sempre meglio il dominabile. Ma proprio questa è la prova ultima che perfino nel bunker il desiderio continua ad operare.

Ci deve essere un'altra strada.

Papa Benedetto termina con queste parole il discorso al Parlamento tedesco:

"Ma come fare? Come trovare l’ingresso nella vastità, nell’insieme? 
Come può la ragione ritrovare la sua grandezza senza scivolare nell’irrazionale? 
Come può la natura apparire nuovamente nella sua vera profondità, nelle sue esigenze e con le sue indicazioni? 

Richiamo alla memoria un processo della recente storia politica, nella speranza di non essere troppo frainteso né di suscitare troppe polemiche unilaterali. Direi che la comparsa del movimento ecologico nella politica tedesca a partire dagli anni Settanta, pur non avendo forse spalancato finestre, tuttavia è stata e rimane un grido che anela all’aria fresca, un grido che non si può ignorare né accantonare, perché vi si intravede troppa irrazionalità. 

Persone giovani si erano rese conto che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va; che la materia non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni. È chiaro che qui non faccio propaganda per un determinato partito politico – nulla mi è più estraneo di questo. 

Quando nel nostro rapporto con la realtà c’è qualcosa che non va, allora dobbiamo tutti riflettere seriamente sull’insieme e tutti siamo rinviati alla questione circa i fondamenti della nostra stessa cultura. 

Mi sia concesso di soffermarmi ancora un momento su questo punto. 
L’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza un punto che – mi pare – venga trascurato oggi  come ieri: esiste anche un’ecologia dell’uomo. 
Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. 
L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. 
L’uomo non crea se stesso. 
Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. 
Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana."

La scuola, e soprattutto le classi dopo l'obbligatorietà, introduce al sapere a riguardo della natura in diverse delle sue materie: matematica, chimica, biologia, fisica. La lingua madre e le lingue straniere introduco alla complessa realtà dell'umano. Le lingue antiche, la storia, la filosofia, la psicologia, e l'arte apportano ancora altri importantissimi aspetti della nostra cultura.

Ma se tutta questa ricchezza si affastella nella memoria come in un magazzino, senza trovare un legame sintetico, si perderà come se non ci fosse mai stata. L'unità del sapere può solo costituirsi nella persona stessa di colui che apprende, perché egli stesso cresce nel sapere.

Il Freihafen vorrebbe contribuire alla personalizzazione dell'esperienza scolastica, proponendo un aiuto allo studio gratuito il sabato ad Adliswil. Se infatti non si sta da soli davanti a questo compito, ma con altri, che si pongono le stesse domande e che forse hanno già mosso qualche passo avanti, lo studiare tutte queste cose può diventare un'avventura senza fine.




***

Terza trasmissione - La morte e la fanciulla 
    Il titolo è tratto dal capolavoro di Schubert scritto nel 1842, che egli immagina come un dialogo fra una fanciulla implorante e la morte.

    Su questo brano sono stati versati i proverbiali fiumi di inchiostro, proprio perché irraggia una bellezza che però ci lascia inquieti, dominati da un disagio inesprimibile. Ciò che veramente è bello, come potrete sentire, è il fatto che l'implorare della fanciulla dura, non tace neppure davanti alla negazione della morte.

    Continua a chiedere, gridare, bisbigliando magari, ma non smette mai, neppure quando il „no!“ della morte si fa freddo e duro come il ferro. La morte è implacabile e inamovibile, ma la domanda, il pianto, la speranza, il desiderio della fanciulla non può essere costretto al silenzio.

    Proprio perché Schubert ha osato una simile affermazione della vita a dispetto di tutto, la sua opera irraggia la straordinaria bellezza che dobbiamo riconoscerle.

    L'irraggiare della positività della vita al di là di ogni negazione e ostacolo, è la forma artistica che Schubert è stato capace di conferire a quest'opera, ed è questa la ragione per cui noi ancora oggi la ascoltiamo con grande emozione:



    Schubert ci parla di una possibilità, ma c'è stata davvero storicamente una fanciulla che davanti alla morte ha avuto una posizione di apertura come quella descritta da Schubert, e alla quale anche noi possiamo partecipare.

    Lei stava là, davanti a suo figlio, che veniva torturato, rifiutato, dissanguato, deriso, ammazzato in un modo orribile e del tutto ingiusto. Aveva dietro di sé una vita dura: come giovane madre aveva dovuto fuggire dal suo paese d'origine, anche se aveva potuto, diversamente da quanto accade oggi, tornarvi dopo alcuni anni.

    Era una donna semplice, una donna di casa, una mdare. Si chiamava Maria, e suo figlio Gesù.
    Vediamo come i due stiano uno di fronte all'altra sulla piccola collina fuori dalle mura della città, guardandosi faccia a faccia.

    Cosa è passato nella sua mente e nella sua anima durante le tre ore di silenzio che è durata quell'agonia? Che atteggiamento aveva?
    Quali sono stati i suoi pensieri?
    Non sapeva che queste due cose: lui si era consegnato liberamente nelle mani dei suoi nemici ed era figlio di Dio, sapeva tutto quello che sarebbe successo. Lei conosceva il segreto della sua vita e solo su questo poteva ora appoggiarsi.

    Wolfgang Amadeus Mozart ha potuto, secoli dopo, restituirci qualcosa dei pensieri che hanno attraversato Maria sotto la croce. Si tratta dell'„Agnus Dei“ della Messa dell'Incoronazione.

    „Agnus Dei, qui tollis peccata mundi!“, „Agnello di Dio che togli i peccati del mondo!“  la madre chiama così suo Figlio per tre volte, prima che la sua domanda possa trovare un passaggio attraverso il peso che opprime il suo cuore: „dona nobis pacem!“ „dacci la pace!“.
    Ascoltiamo:



    La bellissima implorazione del soprano, si tende sul finire in una drammaticità inaudita, e si spegne dando luogo a un istante di perfetto silenzio.

    Questo istante è la frattura attraverso la quale qualcosa d'Altro può fluire nell'aria viziata dello spazio chiuso. È l'istante della morte e dell'ultima impotenza dell'uomo: non può darsi da sé una risposta. La risposta viene dal di fuori.
    Eppure ecco! È davvero un nuovo inizio: la voce del soprano rinasce, sembrerebbe dal niente, e al soprano si accompagna adesso il tenore, e poi il basso, e alla fine è tutto il coro a giubilare con lei.

    Questo istante di silenzio è la fessura della libertà, che come una ferita percepiamo in noi stessi senza poterla curare: attraverso di essa, se resta aperta, può davvero rinascere l'intera creazione.
    Dio è in attesa attraverso tutta la storia, che la libertà dell'uomo Gli si apra, perpoter così farlo entrare nella Sua vera vita.

    Eppure questo è storicamente accaduto in questa donna in quell'istante.
    E adesso anche a noi la strada sta aperta davanti: la vita che ora incomincia è nuova e non ha nessuna proprozione possibile con il dolore atroce e l'impotenza che l'hanno preceduta.

    L'attimo di silenzio in Mozart esprime questa assenza di proporzione: c'è qualcosa di assolutamente nuovo.
    Il coro canta all'unisono, ma sempre di nuovo emergono anche le voci soliste: “Dona nobis pacem”. Preghiamo che ci sia data la pace, l'unica cosa necessaria per vivere. Siamo infatti perfettamente incapaci di darcela da noi. E questa stessa preghiera è l'inizio della novità.

    Senza una prospettiva che conferisca al tutto un orizzonte positivo, nessun dettaglio può ambire ad un senso. E invece, quando la totalità ha un senso umano, affascinante, attraente, anche ogni dettaglio troverà in esso il suo giusto posto. E proprio questo accade con le materie scolastiche, che sono in fonod totalmente insensate se manche un'ipotesi positiva per l'intera vita.
    Che nulla possa porre obiezione alla positività della realtà questo ci è stato consegnato per sempre da quell'istante di totale silenzio.
    Per un giovane l'impegno con il compito che la vita gli da, la scuola e il crescere, ha questo tipo di serietà, e a questo vuole servire il Freihafen proponendo un aiuto allo studio gratuito a 360 gradi.


    ***

    Quarta trasmissione  - Invito al dialogo su Der Freihafen 
      sabato 18 ottobre 2014 alle 14:00 Uhr su Radio Maria Deutschschweiz

      questa trasmissione non proponeva altri contenuti, ma solo un dialogo con i radioascoltatori su quanto precede. 

      martedì 2 dicembre 2014

      La Chiesa non ha luce propria. Deve guardare Gesù Cristo! La Chiesa, i primi Padri la chiamavano “mysterium lunae”, il mistero della luna, perché? Perché dà luce, ma non propria, è quella che viene dal sole.


      (28-30 NOVEMBRE 2014)

      CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE
      DURANTE IL VOLO DI RITORNO DALLA TURCHIA
      Volo Papale
      Domenica, 30 novembre 2014

      [...]
      Buona sera, Santità.

      (Papa Francesco)
      Stai bene?

      (Mimmo Muolo)
      Bene, grazie. Santità, sono onorato di farLe questa domanda a nome dei giornalisti italiani. Mi ha colpito una frase che Lei ha detto questa mattina durante la Divina Liturgia: “Voglio assicurare a ciascuno di voi che per giungere alla meta sospirata della piena unità la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna esigenza”. Vorremmo che Lei ci spiegasse di più questa frase, se è possibile, e se riguardava appunto il problema del Primato a cui Lei accennava prima.

      (Papa Francesco)
      Quella non è un’esigenza: è un accordo, perché anche loro lo vogliono; è un accordo per trovare una forma che sia più conforme a quella dei primi secoli. Una volta ho letto una cosa che mi ha fatto pensare. Fra parentesi, quello che io sento di più profondo in questo cammino dell’unità è l’omelia che ho fatto ieri, sullo Spirito Santo. Soltanto il cammino dello Spirito Santo è quello giusto, perché Lui è sorpresa, Lui ci farà vedere dov’è il punto; è creativo… Il problema – questo forse è un’autocritica, ma è più o meno quello che ho detto nelle congregazioni generali prima del Conclave – la Chiesa ha il difetto, l’abitudine peccatrice, di guardare troppo se stessa, come se credesse di avere luce propria. 

      Ma guarda: la Chiesa non ha luce propria. Deve guardare Gesù Cristo! La Chiesa, i primi Padri la chiamavano “mysterium lunae”, il mistero della luna, perché? Perché dà luce, ma non propria, è quella che viene dal sole. E quando la Chiesa guarda troppo se stessa, vengono le divisioni. Ed è quello che è successo dopo il primo millennio. 

      Oggi a tavola, parlavamo del momento, di un posto - non ricordo quale - dove un cardinale è andato a dare la scomunica del Papa al Patriarca: ha guardato se stessa, in quel momento, la Chiesa! Non ha guardato Gesù Cristo. E io credo che tutti questi problemi che vengono tra di noi, tra i cristiani - almeno parlo della nostra Chiesa cattolica - vengono quando guarda se stessa: diventa autoreferenziale. Oggi Bartolomeo ha usato una parola che non è “autoreferenziale” ma assomigliava abbastanza, molto bella … non la ricordo adesso, ma molto bella, molto bella [il termine, tradotto in italiano, era “introversione”]. 

      Loro accettano il Primato: nelle Litanie, oggi, hanno pregato per il “Pastore e Primate”. Come dicevano? “Ποιμένα καί Πρόεδρον”, “Colui che presiede…”. Lo riconoscono, lo hanno detto oggi, davanti a me. Ma per la forma del Primato, dobbiamo andare un po’ al primo millennio per ispirarci. Non dico che la Chiesa ha sbagliato, no. Ha fatto la sua strada storica. Ma adesso la strada storica della Chiesa è quella che ha chiesto san Giovanni Paolo II: “Aiutatemi a trovare un punto d’accordo alla luce del primo millennio”. Il punto chiave è questo. Quando si rispecchia in se stessa, la Chiesa rinuncia ad essere Chiesa per essere una “Ong teologica”. [...]



      SANTA MESSA
      OMELIA DEL SANTO PADRE
      Cattedrale Cattolica dello Spirito Santo, Istanbul
      Sabato, 29 novembre 2014


      All’uomo assetato di salvezza, Gesù nel Vangelo si presenta come la fonte a cui attingere, la roccia da cui il Padre fa scaturire fiumi di acqua viva per tutti coloro che credono in Lui (cfr Gv 7,38). Con questa profezia, proclamata pubblicamente a Gerusalemme, Gesù preannuncia il dono dello Spirito Santo che riceveranno i suoi discepoli dopo la sua glorificazione, cioè la sua morte e risurrezione (cfr v. 39).

      Lo Spirito Santo è l’anima della Chiesa. Egli dà la vita, suscita i differenti carismi che arricchiscono il popolo di Dio e, soprattutto, creal’unità tra i credenti: di molti fa un corpo solo, il corpo di Cristo. Tutta la vita e la missione della Chiesa dipendono dallo Spirito Santo; Lui realizza ogni cosa.

      La stessa professione di fede, come ci ricorda san Paolo nella prima Lettura di oggi, è possibile solo perché suggerita dallo Spirito Santo: «Nessuno può dire: “Gesù è Signore!”, se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1 Cor 12,3b). Quando noi preghiamo, è perché lo Spirito Santo suscita in noi la preghiera nel cuore. Quando spezziamo il cerchio del nostro egoismo, usciamo da noi stessi e ci accostiamo agli altri per incontrarli, ascoltarli, aiutarli, è lo Spirito di Dio che ci ha spinti. Quando scopriamo in noi una sconosciuta capacità di perdonare, di amare chi non ci vuole bene, è lo Spirito che ci ha afferrati. Quando andiamo oltre le parole di convenienza e ci rivolgiamo ai fratelli con quella tenerezza che riscalda il cuore, siamo stati certamente toccati dallo Spirito Santo.

      È vero, lo Spirito Santo suscita i differenti carismi nella Chiesa; apparentemente, questo sembra creare disordine, ma in realtà, sotto la sua guida, costituisce un’immensa ricchezza, perché lo Spirito Santo è lo Spirito di unità, che non significa uniformità. Solo lo Spirito Santo può suscitare la diversità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità. Quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi ed esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità e l’omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa.

      La moltitudine delle membra e dei carismi trova il suo principio armonizzatore nello Spirito di Cristo, che il Padre ha mandato e che continua a mandare, per; compiere l’unità tra i credenti. Lo Spirito Santo fa l’unità della Chiesa: unità nella fede, unità nella carità, unità nella coesione interiore. La Chiesa e le Chiese sono chiamate a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, ponendosi in un atteggiamento di apertura, di docilità e di obbedienza. E’ Lui che armonizza la Chiesa. Mi viene in mente quella bella parola di San Basilio il Grande: “Ipse harmonia est”, Lui stesso è l’armonia.

      Si tratta di una prospettiva di speranza, ma al tempo stesso faticosa, in quanto è sempre presente in noi la tentazione di fare resistenza allo Spirito Santo, perché scombussola, perché smuove, fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. Ed è sempre più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate. In realtà, la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo nella misura in cui non ha la pretesa di regolarlo e di addomesticarlo. E la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo anche quando lascia da parte la tentazione di guardare sé stessa. E noi cristiani diventiamo autentici discepoli missionari, capaci di interpellare le coscienze, se abbandoniamo uno stile difensivo per lasciarci condurre dallo Spirito. Egli è freschezza, fantasia, novità.

      Le nostre difese possono manifestarsi con l’arroccamento eccessivo sulle nostre idee, sulle nostre forze – ma così scivoliamo nel pelagianesimo –, oppure con un atteggiamento di ambizione e di vanità. Questi meccanismi difensivi ci impediscono di comprendere veramente gli altri e di aprirci ad un dialogo sincero con loro. Ma la Chiesa, scaturita dalla Pentecoste, riceve in consegna il fuoco dello Spirito Santo, che non riempie tanto la mente di idee, ma incendia il cuore; è investita dal vento dello Spirito che non trasmette un potere, ma abilita ad un servizio di amore, un linguaggio che ciascuno è in grado di comprendere.
      Nel nostro cammino di fede e di vita fraterna, più ci lasceremo guidare con umiltà dallo Spirito del Signore, più supereremo le incomprensioni, le divisioni e le controversie e saremo segno credibile di unità e di pace. Segno credibile che il nostro Signore è risorto, è vivo.

      Con questa gioiosa certezza, abbraccio tutti voi, cari fratelli e sorelle: il Patriarca Siro-Cattolico, il Presidente della Conferenza Episcopale, il Vicario Apostolico Mons. Pelâtre, gli altri Vescovi ed Esarchi, i presbiteri e i diaconi, le persone consacrate e i fedeli laici, appartenenti alle differenti comunità e ai diversi riti della Chiesa Cattolica. Desidero salutare con fraterno affetto il Patriarca di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, il Metropolita Siro-Ortodosso, il Vicario Patriarcale Armeno Apostolico e gli esponenti delle Comunità Protestanti, che hanno voluto pregare con noi durante questa celebrazione. Esprimo loro la mia riconoscenza per questo gesto fraterno. Un pensiero affettuoso invio al Patriarca Armeno Apostolico Mesrob II, assicurandogli la mia preghiera.

      Fratelli e sorelle, rivolgiamo il nostro pensiero alla Vergine Maria, la Santa Madre di Dio. Insieme a Lei, che ha pregato nel cenacolo con gli Apostoli in attesa della Pentecoste, preghiamo il Signore perché mandi il suo Santo Spirito nei nostri cuori e ci renda testimoni del suo Vangelo in tutto il mondo. Amen!

      mercoledì 26 novembre 2014

      Il papa a Strasburgo ricorda all'Europa che ha un'anima, e che cos'è.

      Chi legge i giornali online, stamattina no si è neanche accorto che il papa ha parlato al Parlamento europeo.
      Il suo intervento è stato relegato nelle pagine di "varia", o trattato come una qualunque visita di un capo di Stato a un'istituzione politica. Ci sono aperture con importanti eventi tipo le proteste dei Neri a Ferguson (Ansa), la prostituzione d'alto bordo (Corriere del Ticino), l'immigrazione (Neue Zürcher Zeitung).
      Siamo responsabili di ciò di cui la nostra attenzione si riempie. 

      martedì 25 novembre 2014

      Fwd: Medjugorje 29.12.2014-02.01.2015

      ---------- Weitergeleitete Nachricht ----------
      Von: "Gualtiero Zeni" <zeni.gualtiero@gmail.com>
      Datum: 25.11.2014 22:34
      Betreff: Medjugorje 29.12.2014-02.01.2015
      An: "Gualtiero" <zeni.gualtiero@gmail.com>
      Cc:

      Messaggio, 25. novembre 2014

      "Cari figli! Oggi in modo particolare vi invito alla preghiera. Pregate, figlioli, per comprendere chi siete e dove dovete andare. Siate portatori della Buona Novella e uomini di speranza. Siate amore per tutti coloro che sono senza amore. Figlioli, sarete tutto e realizzerete tutto soltanto se pregate e se siete aperti alla volontà di Dio, Dio che desidera guidarvi verso la vita eterna. Io sono con voi e di giorno in giorno intercedo per voi davanti a mio Figlio Gesù. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

      Ciao a tutti, prendo l'occasione di inviarvi l'ultimo messaggio di questa sera per ricordarvi dell'opportunità del Pellegrinaggio di fine anno a Medjugorje.
      E' sicuramente un'occasione per essere aiutati nella Preghiera e nel comprendere la volontà di Dio. Capire la propria vocazione ed essere sostenuti nella fedeltà ad essa. Chiedere di offrire la propria croce e chiedere di sostenere coloro che portano croci pesanti.
      L'invito è rivolto a te che ricevi questa mail e può essere proposto ad un amico, un collega, un parente.
      Mi scuso con coloro che mi hanno già risposto in queste settimane ma per comodità mia ho fatto un invio rapido.
      Rimango a disposizione per qualsiasi domanda e ricordatevi che a Medjugorje và chi è chiamato.
      Un abbraccio a tutti e buona serata.

      Se non vuoi ricevere più queste mail, rispondimi con cancellami.

      --
      Gualtiero Zeni

      mercoledì 29 ottobre 2014

      Ecco le 4 trasmissioni di presentazione del Freihafen!

      Pubblicherò prossimamente i testi in italiano. Qui si possono ascoltare le quattro trasmissioni e leggere i testi in tedesco: 


      Erste Sendung  Ein Wald von Zeichen  Text
      • Charles Baudelaire, "Zusammenklang" aus der Sammlung "Die Blumen des Bösen" (1857)
      • Igor Strawinsky "Das Frühlingsopfer" (1913)
      • Antonín Dvořák "Simphonie aus der neuen Welt" (1893)
      Zweite Sendung Der selbst gebaute Bunker  Text
      am Donnerstag, den 16. Oktober 2014 um 14:00 Uhr  auf Radio Maria Deutschschweiz
      • Joseph Ratzinger, Die Bundestagsrede (2011)
      • Luigi Giussani, La coscienza religiosa dell'uomo moderno (1985)
      Dritte Sendung Der Tod und das Mädchen  Text
      • Schubert, Der Tod und das Mädchen, (1824)
      • Mozart, Agnus Dei aus der Krönungsmesse, (1779)
      Vierte Sendung Der Freihafen. Einladung zum Gespräch 

      martedì 30 settembre 2014

      Der Freihafen: quattro trasmissioni radiofoniche e l'aiuto allo studio per liceali il sabato. A Zurigo.

      Cari amici,
      darò prossimamente inizio a un'attività caritativa a Zurigo, dove abito da maggio dell'anno scorso.

      In questo sito trovate i materiali della quattro trasmissioni radiofoniche con cui inviterò, complici nonni e genitori che ascoltano Radio Maria Deutschschweiz, gli studenti delle superiori a frequentare Der Freihafen.
      Le trasmissioni avranno luogo il 14, 16, 17 e 18 ottobre prossimi, alle 14:00.
      In seguito le metterò a disposizione sul blog del Freihafen.
      Joseph Mallord William Turner Peace Burial At Sea 1842

      "Der Freihafen" è la traduzione letterale di "Portofranco", un'esperienza nata a Milano nel 2000 grazie all'intuizione di don Giorgio Pontiggia, che la ricorda così:

      "Avevo in mente una cosa, o meglio ancora, avevo una reazione e una specie di arrabbiatura, perché mi sembrava e mi sembra che i giovani di oggi non siano presi sul serio. Tutto quello che infatti si fa per i giovani di oggi, spendendo miliardi, è aiutarli nel loro tempo libero, nei loro passatempi. 
      Questa constatazione mi ha fatto pensare che il vero aiuto che si dà a una persona non è ampliare il suo divertimento, ma condividere il bisogno che vive.  Allora mi sono detto:  Ma se noi dobbiamo aiutare i ragazzi, qual'è il punto in cui fanno più fatica, il bisogno che esprimono di più? La scuola. Di fronte a questo bisogno, spesso non si offre loro che un parco giochi."

      Io non ho mai insegnato professionalmente, anche se le poche volte che mi è capitato di farlo mi ha dato grandissimo gusto. Ho però frequentato le scuole, in particolare il liceo e poi l'università e so per esperienza la fatica che occorre fare quando si è immersi in questa foresta di simboli senza nessun segno che indichi una via, e come la semplice presenza di un adulto, come il cambiamento di chiave armonica nella musica, cambiasse il modo di porre le questioni, ne aumentasse a dismisura la serietà e con ciò stesso facesse intravvedere il percorso da seguire. La semplice presenza di un adulto, che ci guardasse con simpatia e interesse.

      La ragione per cui ho deciso di consacrare i miei sabati zurighesi ai ragazzi delle superiori è che non mi pare ci sia un altro modo per poter incontrre la realtà di questa città, la cui perfetta organizzazione esclude qualunque margine di imprevisto.
      Anche gli sforamenti sono previsti, la vicenda del Platzspitz, che ho descritto qui me l'ha indicato con estrema chiarezza. Allora mi pare che solo un gesto interamente gratuito come la caritativa, così come l'ha concepita Giussani già nel 1961 può venirci in aiuto.
       Ida 

      domenica 6 luglio 2014

      Noi figli d'Occidente che 'vision' abbiamo? I terroristi ce l'hanno e la pubblicizzano.

      Da Tempi riprendo questa cartina, ringraziando: Stato islamico, ecco i territori da conquistare in 5 anni | Tempi.it
      stato-islamico-califfato-obiettivi-jihad
      Hanno una vision, non c’è che dire.

      In battaglia avere una strategia è l’inizio della vittoria, perché è in base a quella che si valutano gli esiti delle scaramucce e delle battaglie, cioè i dettagli, e si può tirar dritto anche se si prendono legnate, cosa che in guerra è la norma.

      Noi che strategia abbiamo?

      p.s. mi piacerebbe che qualcuno provasse a rispondere alla mia domanda.                                                    

      sabato 28 giugno 2014

      Sfera di umile verde: l'erba secondo Emily Dickinson

      THE GRASS so little has to do,
       A sphere of simple green,
       With only butterflies to brood,
       And bees to entertain,

       And stir all day to pretty tunes
       The breezes fetch along,
       And hold the sunshine in its lap
       And bow to everything;

       And thread the dews all night, like pearls,
       And make itself so fine,—
       A duchess were too common
       For such a noticing.

       And even when it dies, to pass 
       In odors so divine, 
       As lowly spices gone to sleep, 
       Or amulets of pine.

       And then to dwell in sovereign barns, 
       And dream the days away,— 
       The grass so little has to do, 
       I wish I were a hay!


      L'erba ha poco da fare - 
      una sfera di umile verde
      dedita solo a nutrire farfalle
      e intrattenere api,

      sta tutto il giorno a cantare canzoni
      in concorrenza con la brezza
      tiene in grembo la luce del sole
      e si inchina a ogni cosa;

      infila gocce di rugiada tutta la notte, 
      come perle, e si fa così bella che 
      una duchessa al confronto risulta volgare
      rispetto a come lei fa il suo ingresso.

      E perfino quando muore, il suo transito
      avviene con odori di intensità divina
      come spezie messe a riposo
      o amuleti di pino.

      Si trattiene poi in fienili sovrani,
      e passa i giorni sognando, -
      l'erba ha poco da fare 
      e io vorrei essere un po' di fieno! 

      domenica 8 giugno 2014

      Viviamo i postumi di un trauma. Dopo il Platzspitz, il Bittbaum.

      Per dieci anni, fra il 1984 e il 1994, nel cuore della città più ricca e superba d'Europa si è aperta una piaga purulenta, che nel giro di pochissimo tempo ha rivelato di essere non altro che la bocca dell'inferno.

      Questo il dossier pubblicato dal Tages Anzeiger: storytelling/platzspitz

      Dopo averlo letto, quello stesso giorno, il 21 maggio 2014, ho intrapreso un pellegrinaggio-via crucis per pregare per i morti e per i sopravvissuti.

      Sulla punta del Platzspitz ho trovato un memoriale che esplicita la natura del trauma: il Bittbaum.

       "L'albero delle domande da secoli è interprete e messaggero fra il cielo e la terra, 
      fra l'aldiqua e l'aldilà.

      Sorge nei luoghi della forza ed è stato qui piantato nella primavera 2009 per la popolazione di Zurigo

      Questo tiglio, albero di pace, di forza e di speranza, sorge qui come albero delle domande, per tutti quelli che vogliono affidargli le loro pene, 
      le domande, i desideri e le speranze - 
      o con il pensiero solamente, 
      oppure scrivendo su un pezzo di stoffa 
      da appendere all'albero. 

      Dono della società del Fraumünster, 2009"









      Acquista tutto un altro spessore la bellissima canzone di Victor Heredia: Ojos de cielo




      Ojos de cielo


      Si yo miro el fondo de tus ojos tiernos
      se me borra el mundo con todo su infierno
      se me borra el mundo y descubro el cielo
      cuando me zambullo en tus ojos tiernos.


      Ojos de cielo, ojos de cielo
      no me abandones en pleno vuelo
      ojos de cielo, ojos de cielo
      toda mi vida por ese sueño
      ojos de cielo, ojos de cielo
      ojos de cielo, ojos de cielo…


      Si yo me olvidara de lo verdadero
      si yo me alejara de lo más sincero
      tus ojos de cielo me lo recordaran
      si yo me alejara de lo verdadero.


      Ojos de cielo, ojos de cielo
      no me abandones en pleno vuelo
      ojos de cielo, ojos de cielo
      toda mi vida por ese sueño
      ojos de cielo, ojos de cielo
      ojos de cielo, ojos de cielo…


      Si el sol que me alumbra se apagara un día
      y una noche oscura ganara mi vida
      tus ojos de cielo me iluminarían
      tus ojos sinceros, mi camino y guía.


      Ojos de cielo, ojos de cielo
      no me abandones en pleno vuelo
      ojos de cielo, ojos de cielo
      toda mi vida por ese sueño
      ojos de cielo, ojos de cielo
      ojos de cielo, ojos de cielo…
      Occhi di cielo


      Se guardo il fondo dei tuoi teneri occhi
      si cancella il mondo con tutto il suo inferno
      si cancella il mondo e scopro il cielo
      quando mi tuffo nei tuoi teneri occhi.


      Occhi di cielo, occhi di cielo
      non abbandonarmi in pieno volo
      occhi di cielo, occhi di cielo
      tutta la mia vita per questo sogno
      occhi di cielo, occhi di cielo
      occhi di cielo, occhi di cielo…


      Se dimenticassi ciò che è vero
      se mi allontanassi da ciò che è sincero
      i tuoi occhi di cielo me lo ricorderebbero
      se mi allontanassi dal vero.


      Occhi di cielo, occhi di cielo
      non abbandonarmi in pieno volo
      occhi di cielo, occhi di cielo
      tutta la mia vita per questo sogno
      occhi di cielo, occhi di cielo
      occhi di cielo, occhi di cielo…


      Se poi un giorno si spegnesse il sole
      se una notte buia vincesse la mia vita
      i tuoi occhi di cielo mi illuminerebbero
      i tuoi occhi sinceri, mio sentiero e guida.


      Occhi di cielo, occhi di cielo
      non abbandonarmi in pieno volo
      occhi di cielo, occhi di cielo
      tutta la mia vita per questo sogno
      occhi di cielo, occhi di cielo
      occhi di cielo, occhi di cielo...