CON PREGHIERA DI PUBBLICAZIONE
Al Corriere del Ticino,
Lugano 1.10.2023
Buongiorno, vi scrivo per rettificare un’opinione da voi pubblicata il 28.09.2023. Si tratta di “La Chiesa svizzera ha annunciato cinque provvedimenti per prevenire gli abusi sessuali” di Marco Tonacini-Tami, “già redattore” del noto periodico «La Voce di Castagnola e del Ceresio». Tonacini-Tami nell’aprile 2023 era invece “già direttore” di «Voci nuove», nel luglio “già municipale di Porza” e nel febbraio dello stesso anno, sempre secondo il CdT, “già coordinatore del «Gruppo di preghiera Suor Gabriella Borgarino»”. Mah, chissà chi è?
La “Chiesa svizzera” che avrebbe annunciato i provvedimenti sono in realtà tre vescovi mentre in Svizzera ce ne sono nove, e alcuni dei provvedimenti sono unicamente dei desiderata di uno solo fra essi: che i preti si sposino e le donne diventino preti.
Vorrei ricordare al sig. Tonacini-Tami che la Chiesa non si riduce ai vescovi: la “Chiesa svizzera” sono anch’io, insieme a moltissimi altri. E la Chiesa svizzera è un’emergenza storicamente e geograficamente determinata della Chiesa cattolica. Perciò anche se tutti i vescovi approvassero e implementassero simili desiderata, questo non potrà mai far sì che la Chiesa cambi la sua natura.
I “provvedimenti” sono relativi allo studio dell’Università di Zurigo sugli abusi documentati all’interno della Chiesa negli ultimi 70 anni, commissionato dai vescovi stessi (qui i documenti).
Che i terribili fatti documentati – terribili anche per gli abusatori e chi li ha protetti – servano al Corriere del Ticino attraverso il sig. Tonacini-Tami per promuovere una campagna stampa il cui evidente scopo è distruggere la Chiesa che amo, è semplicemente criminale. Ho pesato attentamente questo aggettivo: già nel novembre 2020 avevate pubblicato una notizia relativa a un degnissimo prelato della Diocesi impacchettandola in una storia di sapore scandalistico (inventata di sana pianta: nel febbraio 2021 la Procuratrice pubblica decretò l’abbandono dell’accusa) senza alcuna ragione, se non quella di fare sensazione a spese della Chiesa.
L’accusa al vescovo Eugenio Corecco di aver distrutto dei documenti relativi a quei fatti è un’illazione alla quale il Corriere del Ticino ha dato ampio risalto (qui e qui), ma lo studio dell’Università di Zurigo non la afferma affatto perché si limita a costatare il fatto, riportando testimonianze discordanti.
Che questo fatto si sia svolto due anni dopo la morte di Corecco è stato riconosciuto da Mons. Nicola Zanini (cfr. “Abusi nella Chiesa, fu il vescovo Giuseppe Torti a decidere la distruzione dei documenti”, CdT. 14.9.2023 e per una volta il titolo corrisponde al contenuto), ma nello stesso articolo, il CdT dà voce a don Oliviero Bernasconi (nella foto sotto), il quale accusa Corecco a chiare lettere: «Seppi da altri che la “purificazione” - così don Bernasconi chiama l’eliminazione dei documenti - fu iniziata da monsignor Eugenio Corecco e finita da Torti, il quale era stato vicario generale dello stesso Corecco. Sicuramente fu un grosso errore, non riesco tuttora a capire perché lo fecero. In quegli anni, almeno così ricordo, emerse comunque un unico caso - conclude - io stesso andai in Procura a fare la denuncia, mentre il vescovo si recò a parlare con le famiglie.»
Che un fine giurista come Corecco abbia distrutto dei documenti comprovanti dei reati, contraddice tutto quello che io so di quest’uomo. Invece don Oliviero Bernasconi, che all’epoca della distruzione dei documenti rivestiva una responsabilità apicale, si chiama fuori in perfetta continuità con la copertura di abusi, dicendo di aver ignorato tutto.
Vi prego di voler ponderare con maggior prudenza i testi che pubblicate. Gli abusi si possono fare anche a mezzo stampa, come certamente ben sapete.
Vi saluto con viva cordialità,
Dr. Ida Soldini, Massagno