giovedì 29 dicembre 2016

Per credere, è necessario saper vedere con gli occhi della fede; sono solo stelle, che tutti possono vedere, ma per Abramo devono diventare il segno della fedeltà di Dio. [...] Se anche a noi rimane come unica possibilità quella di guardare le stelle, allora è tempo di fidarci di Dio. Non c’è cosa più bella. La speranza non delude. Grazie.


Speranza cristiana - 4. Abramo, padre nella fede e nella speranza 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! 
San Paolo, nella Lettera ai Romani, ci ricorda la grande figura di Abramo, per indicarci la via della fede e della speranza. Di lui l’apostolo scrive: «Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli» (Rm 4,18); “saldo nella speranza contro ogni speranza”. Questo concetto è forte: anche quando non c’è speranza, io spero. È così il nostro padre Abramo. San Paolo si sta riferendo alla fede con cui Abramo credette alla parola di Dio che gli prometteva un figlio. Ma era davvero un fidarsi sperando “contro ogni speranza”, tanto era inverosimile quello che il Signore gli stava annunciando, perché egli era anziano - aveva quasi cento anni - e sua moglie era sterile. Non ci è riuscita! Ma lo ha detto Dio, e lui credette. Non c’era speranza umana perché lui era anziano e la moglie sterile: e lui credette. Confidando in questa promessa, Abramo si mette in cammino, accetta di lasciare la sua terra e diventare straniero, sperando in questo “impossibile” figlio che Dio avrebbe dovuto donargli nonostante il grembo di Sara fosse ormai come morto. 

Abramo crede, la sua fede si apre a una speranza in apparenza irragionevole; essa è la capacità di andare al di là dei ragionamenti umani, della saggezza e della prudenza del mondo, al di là di ciò che è normalmente ritenuto buonsenso, per credere nell’impossibile. La speranza apre nuovi orizzonti, rende capaci di sognare ciò che non è neppure immaginabile. La speranza fa entrare nel buio di un futuro incerto per camminare nella luce. È bella la virtù della speranza; ci dà tanta forza per camminare nella vita. Ma è un cammino difficile. E viene il momento, anche per Abramo, della crisi di sconforto. 

Si è fidato, ha lasciato la sua casa, la sua terra, i suoi amici, … Tutto. È partito, è arrivato nel paese che Dio gli aveva indicato, il tempo è passato. In quel tempo fare un viaggio così non era come oggi, con gli aerei - in poche ore si fa - ; ci volevano mesi, anni! Il tempo è passato, ma il figlio non viene, il grembo di Sara rimane chiuso nella sua sterilità. E Abramo, non dico che perda la pazienza, ma si lamenta con il Signore. Anche questo impariamo dal nostro padre Abramo: lamentarsi con il Signore è un modo di pregare. Alle volte sento, quando confesso: “Mi sono lamentato con il Signore …”, ed [io rispondo]: “Ma no! Lamentati, Lui è padre!”. E questo è un modo di pregare: lamentati con il Signore, questo è buono. Abramo si lamenta con il Signore dicendo: «“Signore Dio, […] io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco” (Elièzer era quello che reggeva tutte le cose). Soggiunse Abram: “Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio servo sarà mio erede”. Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: “Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede”. Poi lo fa uscire fuori, lo condusse e gli disse: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle”; e soggiunse: “Tale sarà la tua discendenza”. 

E Abramo un’altra volta credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» (Gen 15,2-6). La scena si svolge di notte, fuori è buio, ma anche nel cuore di Abramo c’è il buio della delusione, dello scoraggiamento, della difficoltà nel continuare a sperare in qualcosa di impossibile. Ormai il patriarca è troppo avanti negli anni, sembra non ci sia più tempo per un figlio, e sarà un servo a subentrare ereditando tutto. Abramo si sta rivolgendo al Signore, ma Dio, anche se è lì presente e parla con lui, è come se ormai si fosse allontanato, come se non avesse tenuto fede alla sua parola. Abramo si sente solo, è vecchio e stanco, la morte incombe. Come continuare a fidarsi? Eppure, già questo suo lamentarsi è una forma di fede, è una preghiera. Nonostante tutto, Abramo continua a credere in Dio e a sperare che qualcosa ancora potrebbe accadere. Altrimenti, perché interpellare il Signore, lagnarsi con Lui, richiamarlo alle sue promesse? 

La fede non è solo silenzio che tutto accetta senza replicare, la speranza non è certezza che ti mette al sicuro dal dubbio e dalla perplessità. Ma tante volte, la speranza è buio; ma è lì la speranza … che ti porta avanti. Fede è anche lottare con Dio, mostrargli la nostra amarezza, senza “pie” finzioni. “Mi sono arrabbiato con Dio e gli ho detto questo, questo, questo, …”. Ma Lui è padre, Lui ti ha capito: vai in pace! Bisogna avere questo coraggio! E questo è la speranza. E speranza è anche non avere paura di vedere la realtà per quello che è e accettarne le contraddizioni. 

Abramo dunque, nella fede, si rivolge a Dio perché lo aiuti a continuare a sperare. È curioso, non chiese un figlio. Chiese: “Aiutami a continuare a sperare”, la preghiera di avere speranza. E il Signore risponde insistendo con la sua inverosimile promessa: non sarà un servo l’erede, ma proprio un figlio, nato da Abramo, generato da lui. Niente è cambiato, da parte di Dio. Egli continua a ribadire quello che già aveva detto, e non offre appigli ad Abramo, per sentirsi rassicurato. 

La sua unica sicurezza è fidarsi della parola del Signore e continuare a sperare. E quel segno che Dio dona ad Abramo è una richiesta di continuare a credere e a sperare: «Guarda in cielo e conta le stelle […] Tale sarà la tua discendenza» (Gen 15,5). È ancora una promessa, è ancora qualcosa da aspettare per il futuro. Dio porta fuori Abramo dalla tenda, in realtà dalle sue visioni ristrette, e gli mostra le stelle. Per credere, è necessario saper vedere con gli occhi della fede; sono solo stelle, che tutti possono vedere, ma per Abramo devono diventare il segno della fedeltà di Dio. È questa la fede, questo il cammino della speranza che ognuno di noi deve percorrere. Se anche a noi rimane come unica possibilità quella di guardare le stelle, allora è tempo di fidarci di Dio. Non c’è cosa più bella. La speranza non delude. Grazie.


domenica 25 dicembre 2016

Quatri pastors che stavin atenz e pscolavin i siei armenz, mentre che ierin a pascolà si metin insime a favelà. E giustin pont a miezegnot...


...a svole un agnel giù dal ciel
e tutch diseven che l'è el Gabriel.
No stait a spaursi miei chas pastorut,
che us dei 'ncuntà une buile novele!
A l'è nasut il Redentor di tut il mond!
D'u la che l'e no lu saves
ma in t'une stalute lo chataris.
In t'une bribie su'n po' di fen
tremant di fred l'es quasi glacial
e 'l boi e l'asinel lo schaldin cu'l fiat.
Bon di bon an chare Signor
no sim vignut con tute umiltat
che nus mostrais chel frut che l'es fat!
O pastorut us vedelu culì
che grand Idio l'è l'mio char fi!


giovedì 22 dicembre 2016

Sto cambiando mestiere.

L'incontro con alcuni amici a Lugano mi ha fatto toccar con mano il fatto che la valutazione di quanto successo a BSI non si basa su dati di fatto ma su valutazioni giornalistiche. In realtà si è trattato di una pubblica esecuzione per delitti sanzionati dalla legge svizzera, come documenta il comunicato stampa della FINMA, l'autorità svizzera di vigilanza sulle banche.
La scelta del 24 maggio per pubblicare queste informazioni è dovuta al fatto che la MAS, l'autorità di vigilanza sulle banche di Singapore, aveva scelto di annunciare in questo giorno la decisione di ritirare la licenza bancaria a BSI nella sua giurisdizione: questo è il loro comunicato.

Ho visto passare almeno una transazione riferibile a questa vicenda: la redditività di un trust alle Bahamas era di 1 milione all'anno invece dei consueti 15-20'000 dollari. Non era mio compito indagare sulle ragioni di un simile scarto e siccome avevo partecipato al progetto con cui la banca si era dotata di un sistema informatico per poter vagliare le transzioni sospette, ero certa che anche questa era stata valutata. Avrei potuto chiedere ragione internamente di questa sproporzione, ma non l'ho fatto: mi occupavo dei numeri e non ho avuto la prontezza di spirito di rendermi conto che QUESTI numeri non avevano senso. Credo che si possa identificare la malattia che affligge l'attività finanziaria internazionale anche in questo. I numeri non hanno senso perché non hanno nessun rapporto con la realtà. Vivono di vita propria.

Io però sono stata ingannata perché l'accordo non era quello di organizzare il furto in grande stile. Perciò ho capito che dovevo cambiare lavoro.
Sono fortunata perché so per esperienza che la mia strada non dipende né da quello che faccio io, in bene o in male, né dalle circostanze favorevoli o avverse, ma da Dio.
Ida

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News

24 maggio 2016
Comunicato stampa

BSI viola gravemente le disposizioni in materia di riciclaggio di denaro

In ragione delle relazioni d’affari intrattenute e delle transazioni effettuate nell’ambito dell’affare di corruzione del fondo sovrano malese 1MDB, BSI SA ha violato gravemente le disposizioni legali in materia di riciclaggio di denaro e il requisito dell’irreprensibilità. È quanto è emerso dal procedimento di enforcement condotto dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari FINMA. Nel caso del fondo 1MDB, la banca ha effettuato, nell’arco di diversi anni, molteplici transazioni considerevoli finalizzate a scopi non trasparenti e, nonostante i sospetti manifesti, non ne ha accertato i retroscena. Oltre ad altri provvedimenti adottati, la FINMA confisca un importo di CHF 95 milioni. La FINMA avvia procedimenti di enforcement nei confronti di due ex funzionari della banca responsabili. Inoltre, la FINMA comunica di approvare l’integrale acquisizione di BSI da parte di EFG International, alla condizione che BSI venga completamente integrata e successivamente sciolta. Tale acquisizione va considerata positivamente, poiché offre alla clientela e al personale una prospettiva futura.
Nel 2015 la FINMA ha avviato un procedimento di enforcement nei confronti di BSI poiché sussistevano indizi di violazione delle disposizioni legali in materia di riciclaggio di denaro. Tali indizi erano correlati a relazioni d’affari intrattenute e a transazioni effettuate nel contesto del caso di corruzione afferente al fondo sovrano malese 1MDB. La FINMA ha esaminato numerose transazioni, i processi e l’organizzazione del sistema di controllo interno della banca. Il procedimento si è concluso nel maggio 2016. Contestualmente, la FINMA ha concluso un procedimento e ammonito BSI per la condotta assunta nel caso Petrobras. Nel contesto dei medesimi due casi, la FINMA ha svolto accertamenti presso oltre venti banche svizzere e avviato, inoltre, dei procedimenti nei confronti di sei di queste. 

1MDB: decisione consapevole del Management

Relativamente al caso 1MDB, il comportamento di BSI è stato particolarmente grave. Le relazioni d’affari correlate al fondo 1MDB sono state ripetutamente discusse dai vertici dirigenziali, in particolare anche dopo che la FINMA, già alla fine del 2013, aveva in maniera indubbia richiamato l’attenzione della banca sui gravi e molteplici rischi connessi a tali relazioni d’affari, ingiungendola a procedere a ulteriori accertamenti. Ciononostante, il consiglio di amministrazione e la direzione della banca hanno consapevolmente e reiteratamente deciso di continuare a intrattenere tali relazioni d’affari, molto attrattive dal punto di vista economico, senza che i numerosi ed evidenti indizi fossero adeguatamente chiariti e i rischi stessirilevati.  

BSI viola gli obblighi di diligenza nella lotta contro il riciclaggio di denaro

Nell’ambito del procedimento avviato nei confronti di BSI, la FINMA ha constatato gravi mancanze relative alla lotta contro il riciclaggio di denaro. Le ragioni sono un’insufficiente gestione del rischio e l’inefficacia del sistema di controllo interno. La FINMA ha constatato quanto segue.
  • Nel periodo compreso fra il 2011 e l’aprile 2015 sono state appurate gravi lacune nell’accertamento delle transazioni che comportano un rischio superiore, in particolare nelle relazioni d’affari con persone politicamente esposte (PEP). In questo contesto, l’origine dei valori patrimoniali non è stata sufficientemente chiarita e transazioni sospette dell’ordine di centinaia di milioni di dollari non sono state criticamente analizzate.
  • La banca ha ripetutamente, in maniera sistematica e per un arco di tempo prolungato violato l’obbligo di allestire la documentazione necessaria relativa alle transazioni che comportano un rischio superiore.
  • Nel contesto del caso 1MDB, la banca ha intrattenuto relazioni con diversi fondi sovrani esteri, i cui conti erano gestiti e contabilizzati a Singapore, ma anche in Svizzera. Si trattava del più grande e redditizio gruppo di clienti di BSI. Ciò si è conseguentemente riflesso sulla retribuzione dei collaboratori della banca coinvolti. 
  • Le commissioni applicate erano molto elevate rispetto alla media e non usuali sul mercato. I responsabili della banca non hanno analizzato criticamente per quale ragione dei fondi sovrani esteri chiedessero a un istituto specializzato nella clientela privata di eseguire dei servizi destinati a clienti istituzionali e, per questo, versassero delle commissioni eccessivamente elevate e non concluse alle condizioni prevalenti di mercato. 
  • La banca ha insufficientemente monitorato le relazioni da lei intrattenute con un gruppo di clienti con all’incirca 100 conti legati al caso 1MDB. All’interno del gruppo di clienti, come pure verso terzi, sono state effettuate una serie di transazioni senza che la banca avesse prima accertato sufficientemente i retroscena economici.
    • Così, per esempio, nel caso di un afflusso di fondi dell’ordine di USD 20 milioni, BSI si è accontentata della spiegazione addotta dal cliente, secondo cui si trattava di un “regalo”. In un altro caso, sono confluiti su un conto più di USD 98 milioni, senza che il retroscena economico fosse stato chiarito.
    • La banca ha effettuato transazioni in entrata e in uscita di entità comparabile, benché le spiegazioni e la documentazione contrattuale parzialmente fornite fossero in contrasto con lo scopo dell’impiego dei fondi addotto al momento dell’apertura del conto.
    • Spesso le transazioni sono state plausibilizzate in modo generico mediante contratti di prestito, anche se questi ultimi non fornivano una spiegazione esaustiva sui reali retroscena delle transazioni in questione.
    • Infine, sono spesso emersi chiari indizi di cosiddette transazioni di passaggio: in un caso, USD 20 milioni sono stati trasferiti internamente alla banca tra diversi conti, per poi essere riversati a favore di un istituto terzo. Questo tipo di transazioni sono decisamente a rischio sotto il  profilo del riciclaggio di denaro. Ciononostante, la banca ha omesso la documentazione e la plausibilizzazione dei retroscena oppure si è accontentata dell’indicazione che, nel quadro di tali relazioni d’affari, si trattava sempre del medesimo avente diritto economico oppure del fatto che tali transazioni venivano effettuate ”a fini contabili”. 
  • La banca ha effettuato a favore di fondi sovrani esteri transazioni di notevole entità, talvolta dell’ordine di centinaia di milioni, senza che i retroscena fossero stati preventivamente chiariti in maniera adeguata.
    • I mezzi del fondo sovrano sono stati molto spesso investiti tramite strutture intermedie appositamente costituite. BSI ha sostenuto la realizzazione di tali strutture intermedie volte a ottenere una maggiore confidenzialità nell’attività di investimento. Alla fine, BSI non era però più in grado di ricostruire come tali mezzi fossero stati impiegati.
    • Tale configurazione è stata in parte constatata e discussa internamente alla banca: già nel 2012 un collaboratore informò il suo superiore: “My team is implementing these transactions without really knowing what we are doing and why and I am uncomfortable with this. […] there should be a stronger governance process around all this.” A tale segnalazione interna non è stato tuttavia dato alcun seguito.
  • Il consulente alla clientela responsabile della gestione di tali relazioni ha dato nell’occhio a più riprese a causa del suo comportamento non cooperativo in questioni di compliance, in particolare per quanto riguarda gli accertamenti insufficienti svolti in merito alle transazioni. I superiori erano a conoscenza di questi fatti, tuttavia non hanno sostenuto l’unità Compliance, bensì il consulente alla clientela. Di conseguenza, il comportamento di quest’ultimo non ha avuto alcuna ripercussione, per esempio, sui bonus percepiti. Al contrario, egli era annoverato fra i collaboratori meglio retribuiti dell’istituto.  
  • Ai clienti importanti, che beneficiavano di una sorta di servizio clienti esclusivo, venivano concesse eccezioni alle disposizioni interne. I dirigenti erano al corrente dei fatti, tuttavia hanno omesso di esaminare adeguatamente tali eccezioni.
  • Complessivamente, nel periodo in oggetto, i dirigenti del gruppo BSI non hanno sorvegliato in modo adeguato la filiale di BSI a Singapore, nonostante il fatto che i contatti intrattenuti fossero stretti e frequenti e gli organi del gruppo facessero parte del consiglio di amministrazione della filiale.
Conclusioni: Alla luce di quanto esposto, la FINMA giunge alle seguenti conclusioni: le mancanze constatate costituiscono gravi violazioni degli obblighi legali di diligenza in materia di lotta contro il riciclaggio di denaro come pure gravi violazioni del principio di un’adeguata gestione del rischio e di un’adeguata organizzazione. BSI ha così gravemente violato i requisiti per la garanzia di un’attività irreprensibile. Infine, sino ai vertici dirigenziali è venuto meno l’atteggiamento critico necessario per riconoscere, limitare e monitorare i considerevoli rischi giuridici e di reputazione incorsi. 

La FINMA confisca gli utili e avvia procedimenti nei confronti di singole persone

Oltre alle misure volte al ripristino della situazione conforme, la FINMA adotta i seguenti provvedimenti:
  • Confisca degli utili indebitamente realizzati: la gestione in grave violazione delle disposizioni in materia di vigilanza delle relazioni della clientela ha consentito alla banca di applicare, per tutta la durata dell’inchiesta, commissioni elevate. La FINMA confisca gli utili indebitamente realizzati dell’ordine di CHF 95 milioni. Il denaro confiscato sarà devoluto alla Confederazione. 
  • Accertamento delle responsabilità individuali: la FINMA ha aperto nel maggio 2016 due procedimenti di enforcement nei confronti di due ex funzionari della banca. La FINMA vuole così esaminare il grado di conoscenza, il comportamento e la responsabilità individuale di entrambe gli ex manager in relazione alle violazioni di legge constatate. La FINMA si riserva la facoltà di avviare ulteriori procedimenti.

La FINMA approva la complessiva integrazione di BSI da parte di EFG a determinate condizioni

Contemporaneamente alla conclusione del procedimento, la FINMA approva la complessiva integrazione di BSI da parte di EFG International alla condizione che BSI, entro 12 mesi venga completamente integrata e successivamente sciolta. Nessuno dei garanti dell’irreprensibilità e dei manager di BSI responsabili delle violazioni commesse dalla banca potrà operare in analoghe funzioni in seno a EFG. La FINMA considera detta acquisizione positivamente, poiché la stessa offre alla clientela e al personale una prospettiva futura

Proficua collaborazione con le autorità svizzere ed estere

Le transazioni menzionate sono state effettuate tra banche di diversi paesi e hanno attraversato diversi continenti e piazze finanziarie. Per lo svolgimento delle indagini, la FINMA ha pertanto operato in stretto contatto con altre autorità estere. Particolarmente proficua è stata la cooperazione con l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari singaporiana (Monetary Authority of Singapore MAS). Quest’ultima ha effettuato, parallelamente al procedimento condotto dalla FINMA, ispezioni in loco presso la filiale di BSI di Singapore, da cui sono emerse lacune di comparabile tenore nei controlli interni alla banca. La MAS ha informato sulla sua intenzione di procedere di ritirare la licenza bancaria per la filiale di BSI e di infliggere una multa dell’ordine di SGD 13 milioni (ca. CHF 9 milioni). In Svizzera, la FINMA ha coordinato le proprie inchieste con il Ministero pubblico della Confederazione. Quest’ultimo, dal canto suo, ha aperto un procedimento penale nel medesimo contesto contro BSI. 

La FINMA apprezza anche l’atteggiamento cooperativo dei nuovi organi di BSI nel corso delle indagini. 

Contatto

Tobias Lux, portavoce, tel. +41 (0)31 327 91 71, tobias.lux@finma.ch

venerdì 16 dicembre 2016

**** And I’ll tell it and think it and speak it and breathe it ***** **** And reflect it from the mountain so all souls can see it **** ******* Then I’ll stand on the ocean until I start sinkin’ ******* ******* But I’ll know my song well before I start singin’ ******* ****** And it’s a hard, it’s a hard, it’s a hard, it’s a hard ****** ************ It’s a hard rain’s a-gonna fall *****************


Bob Dylan-A Hard Rain's A-Gonna Fall (1964) von gillriser5

Oh, where have you been, my blue-eyed son?
Oh, where have you been, my darling young one?
I’ve stumbled on the side of twelve misty mountains
I’ve walked and I’ve crawled on six crooked highways
I’ve stepped in the middle of seven sad forests
I’ve been out in front of a dozen dead oceans
I’ve been ten thousand miles in the mouth of a graveyard
And it’s a hard, and it’s a hard, it’s a hard, and it’s a hard
And it’s a hard rain’s a-gonna fall

Oh, what did you see, my blue-eyed son?
Oh, what did you see, my darling young one?
I saw a newborn baby with wild wolves all around it
I saw a highway of diamonds with nobody on it
I saw a black branch with blood that kept drippin’
I saw a room full of men with their hammers a-bleedin’
I saw a white ladder all covered with water
I saw ten thousand talkers whose tongues were all broken
I saw guns and sharp swords in the hands of young children
And it’s a hard, and it’s a hard, it’s a hard, it’s a hard
And it’s a hard rain’s a-gonna fall

And what did you hear, my blue-eyed son?
And what did you hear, my darling young one?
I heard the sound of a thunder, it roared out a warnin’
Heard the roar of a wave that could drown the whole world
Heard one hundred drummers whose hands were a-blazin’
Heard ten thousand whisperin’ and nobody listenin’
Heard one person starve, I heard many people laughin’
Heard the song of a poet who died in the gutter
Heard the sound of a clown who cried in the alley
And it’s a hard, and it’s a hard, it’s a hard, it’s a hard
And it’s a hard rain’s a-gonna fall

Oh, who did you meet, my blue-eyed son?
Who did you meet, my darling young one?
I met a young child beside a dead pony
I met a white man who walked a black dog
I met a young woman whose body was burning
I met a young girl, she gave me a rainbow
I met one man who was wounded in love
I met another man who was wounded with hatred
And it’s a hard, it’s a hard, it’s a hard, it’s a hard
It’s a hard rain’s a-gonna fall

Oh, what’ll you do now, my blue-eyed son?
Oh, what’ll you do now, my darling young one?
I’m a-goin’ back out ’fore the rain starts a-fallin’
I’ll walk to the depths of the deepest black forest
Where the people are many and their hands are all empty
Where the pellets of poison are flooding their waters
Where the home in the valley meets the damp dirty prison
Where the executioner’s face is always well hidden
Where hunger is ugly, where souls are forgotten
Where black is the color, where none is the number

And I’ll tell it and think it and speak it and breathe it
And reflect it from the mountain so all souls can see it
Then I’ll stand on the ocean until I start sinkin’
But I’ll know my song well before I start singin’
And it’s a hard, it’s a hard, it’s a hard, it’s a hard
It’s a hard rain’s a-gonna fall


Copyright © 1963 by Warner Bros. Inc.; renewed 1991 by Special Rider Musi

venerdì 11 novembre 2016

In memoria di un grande


If you are the dealer, I'm out of the game
If you are the healer, it means I'm broken and lame
If thine is the glory then mine must be the shame
You want it darker
We kill the flame

Magnified, sanctified, be thy holy name
Vilified, crucified, in the human frame
A million candles burning for the help that never came
You want it darker

Hineni, hineni
I'm ready, my lord

There's a lover in the story But the story's still the same
There's a lullaby for suffering And a paradox to blame
But it's written in the scriptures And it's not some idle claim
You want it darker
We kill the flame

They're lining up the prisoners And the guards are taking aim
I struggled with some demons They were middle class and tame
I didn't know I had permission to murder and to maim
You want it darker

Hineni, hineni
I'm ready, my lord

Magnified, sanctified, be thy holy name
Vilified, crucified, in the human frame
A million candles burning for the love that never came
You want it darker
We kill the flame

If you are the dealer, let me out of the game
If you are the healer, I'm broken and lame
If thine is the glory, mine must be the shame
You want it darker

Hineni,
hineni Hineni,
hineni
I'm ready, my lord
Hineni Hineni,
hineni Hineni





Le parole di questo Halleluyah sono in buona parte improvvisate.
Questa è la versione recepita dalla storia: 

Now I've heard there was a secret chord
That David played, and it pleased the Lord
But you dont really care for music, do you?
It goes like this, the fourth, the fifth
The minor falls, the major lifts
The baffled king composing Hallelujah

Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah

Your faith was strong but you needed proof
You saw her bathing on the roof
Her beauty and the moonlight overthrew you
She tied you to a kitchen chair
She broke your throne, and she cut your hair
And from your lips she drew the Hallelujah

Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah

Maybe I've been here before
I know this room, I've walked this floor
I used to live alone before I knew you
I've seen your flag on the marble arch
love is not a victory march
Its a cold and its a broken Hallelujah

Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah

You say I took the Name in vain
I dont even know the Name
But if I did, well really, what's it to you?
There's a blaze of light in every word
It doesnt matter which you heard
The holy or the broken Hallelujah

Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah

I did my best, but it wasn't much
I couldn't feel, so I tried to touch
I've told the truth, I didn't come to fool you
And even though it all went wrong
I'll stand before the Lord of song
With nothing on my tongue but Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah

Hallelujah...

martedì 1 novembre 2016

Rimetti a noi i nostri debiti. O attualità di una scelta per la povertà volontaria.


Volume del debito contratto fra il 1999 e il 2016 a livello mondiale in percentuale del prodotto interno lordo (scala sinistra). 
La scala a destra (l'unità di misura è miglia di miliardi di dollari) si riferisce all'area in grigio e corrisopnde alla sommatoria delle diverse categorie di debito, indicate nel grafico con una linea colorata: 
rosso: industria non-finanziaria
giallo: industria finanziaria
verde: Stati
blu: debito privato

fonte (in tedesco): http://www.nzz.ch/finanzen/fonds/fehlgeleitete-notenbankpolitik-toxische-verschuldung-ld.125313

Anche una piccolissima correzione dei tassi d'interesse, oggi tendenti a zero, avrà conseguenze drammatiche su questa massa di debiti. Fine del consumismo.


mercoledì 26 ottobre 2016

Francesco ai Gesuiti: "Il Signore, che ci guarda con misericordia e ci sceglie, ci invia per far giungere con tutta la sua efficacia la stessa misericordia ai più poveri, ai peccatori, agli scartati e ai crocifissi del mondo attuale che soffrono l’ingiustizia e la violenza. Solo se sperimentiamo questa forza risanatrice nel vivo delle nostre stesse piaghe, come persone e come corpo, come comunità, perderemo la paura di lasciarci commuovere dall’immensità della sofferenza dei nostri fratelli e ci lanceremo a camminare pazientemente con la nostra gente, imparando da essa il modo migliore di aiutarla e servirla."

Ignazio di Loyola, anonimo romano, sec. XVI
DISCORSO 
DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
ALLA 36a CONGREGAZIONE GENERALE DELLA COMPAGNIA DI GESÙ

Curia Generalizia della Compagnia di Gesù
Lunedì, 24 ottobre 2016

[Multimedia]

Cari fratelli e amici nel Signore,
mentre pregavo pensando a che cosa vi avrei detto, mi sono ricordato con particolare emozione le parole finali che ci disse il Beato Paolo VI alla conclusione della nostra XXXII Congregazione Generale: «Così, così fratelli e figli. Avanti, in Nomine Domini. Camminiamo insieme, liberi, obbedienti, uniti nell’amore di Cristo, per la maggior gloria di Dio» [1].
Anche San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ci hanno incoraggiato a «camminare in una maniera degna della vocazione alla quale siamo stati chiamati (Ef4,1)» [2] e a «continuare nel cammino di questa missione, in piena fedeltà al vostro carisma originario, nel contesto ecclesiale e sociale che caratterizza questo inizio di millennio. Come più volte vi hanno detto i miei Predecessori, la Chiesa ha bisogno di voi, conta su di voi, e continua a rivolgersi a voi con fiducia, in particolare per raggiungere quei luoghi fisici e spirituali dove altri non arrivano o hanno difficoltà ad arrivare» [3].
Camminare insieme – liberi e obbedienti – camminare andando alle periferie dove gli altri non arrivano, «sotto lo sguardo di Gesù e guardando l’orizzonte, che è la Gloria di Dio sempre maggiore, che ci sorprende senza sosta» [4] . Il gesuita è chiamato a «pensare – come afferma Sant’Ignazio – e vivere in qualsiasi parte del mondo dove è più necessario il servizio di Dio e l’aiuto alle anime» (Co 304). Il fatto è che «per la Compagnia, tutto il mondo dev’essere casa sua», diceva Nadal [5].
Ignazio scriveva a Borgia a proposito di una critica dei gesuiti chiamati “angelici” (Oviedo e Onfroy), perché dicevano che la Compagnia non era ben istituita e che bisognava istituirla di più nello spirito: Lo spirito che li guida – diceva Ignazio – «ignora lo stato delle cose della Compagnia, che sono in fieri, eccetto il necessario (e) sostanziale» [6]. Mi piace molto questo modo di Ignazio vedere le cose nel loro divenire, nel loro farsi, eccetto il sostanziale. Perché toglie la Compagnia da tutte le paralisi e la libera da tante velleità.

La Formula dell’Istituto è il “necessario e sostanziale” che tutti i giorni dobbiamo avere davanti agli occhi, dopo aver diretto lo sguardo a Dio nostro Signore: “Il modo d’essere dell’Istituto, che è cammino verso di Lui”. Lo è stato per i primi compagni i quali hanno previsto lo fosse “per quelli che ci seguiranno in questopercorso”. In tal modo, tanto la povertà quanto l’obbedienza o il fatto di non essere obbligati a determinate cose come la preghiera in coro, non sono né esigenze né privilegi, ma aiuti fatti alla mobilità della Compagnia, all’essere disponibili «a correre nella via di Cristo Nostro Signore» (Co 582) disponendo, grazie al voto di obbedienza al Papa, di una «più sicura direzione dello Spirito Santo» (Formula Istituto 3). Nella Formula vi è l’intuizione di Ignazio, e la sua sostanzialità è ciò che permette che le Costituzioni insistano sul tenere sempre in conto «i luoghi, i tempi e le persone» e che tutte le regole siano d’aiuto – tanto quanto – per cose concrete.
Il camminare, per Ignazio, non è un mero andare vagando, ma si traduce in qualcosa di qualitativo: è “profitto” e progresso, è andare avanti, è fare qualcosa in favore degli altri. Così lo esprimono le due Formule dell’Istituto approvate da Paolo III (1540) e da Giulio III (1550) quando incentrano l’occupazione della Compagnia sulla fede – sulla sua difesa e la sua propagazione – e sulla vita e la dottrina delle persone. Qui Ignazio e i primi compagni usano la parolagiovamento (ad profectum [7], cfr Fil 1,12.25), che è quella che dà il criterio pratico di discernimento proprio della nostra spiritualità.

Il giovamento non è individualistico, è comune. «Il fine di questa Compagnia non è solo quello di occuparsi della salvezza e della perfezione delle anime dei suoi membri mediante la grazia divina, ma con la stessa grazia fare in modo di aiutare intensamente alla salvezza e perfezione delle anime del prossimo» (Ex 1, 2). E se da qualche lato si inclinava la bilancia nel cuore di Ignazio, era verso l’aiuto al prossimo, tanto è vero che si arrabbiava se gli dicevano che la ragione per cui uno si sarebbe fermato nella Compagnia era «perché in tal modo avrebbe salvato la sua anima. Ignazio non voleva gente che, essendo buona a proprio vantaggio, non si sarebbe trovata nella disposizione di servire il prossimo» (Aicardo I punto 10 pag. 41).

Il giovamento è in ogni cosa. La formula di Ignazio esprime una tensione: “non solamente… ma…”; e questo schema mentale di unire tensioni – la salvezza e perfezione propria e la salvezza e la perfezione del prossimo – a partire dall’ambito superiore della Grazia, è proprio della Compagnia. L’armonizzazione di questa e di tutte le tensioni (contemplazione e azione, fede e giustizia, carisma e istituzione, comunità e missione…) non si dà mediante formulazioni astratte, ma si ottiene nel corso del tempo mediante quello che Fabro chiamava «il nostro modo di procedere» [8]. Camminando e “progredendo” nella sequela del Signore, la Compagnia va armonizzando le tensioni che inevitabilmente la diversità di persone che convoca e le missioni che riceve contengono e producono.

Il giovamento non è elitario. Nella Formula Ignazio procede descrivendo i mezzi per un giovamento più universale, che sono propriamente sacerdotali. Però notiamo che le opere di misericordia si danno per scontate. La Formula dice: «senza che ciò sia di ostacolo» alla misericordia! Le opere di misericordia – la cura dei malati negli ospedali, l’elemosina mendicata e distribuita, l’insegnamento ai piccoli, il sopportare pazientemente le molestie… – erano l’ambiente vitale in cui Ignazio e i primi compagni si muovevano ed esistevano, il loro pane quotidiano. Stavano attenti che tutto il resto non fosse di ostacolo!
Infine, tale giovamento è “quello che maggiormente ci fa bene”. Si tratta del “magis”, di quel plus che porta Ignazio ad iniziare processi, ad accompagnarli e a valutare la loro reale incidenza nella vita delle persone, in materia di fede, o di giustizia, o di misericordia e carità. Il magis è il fuoco, il fervore dell’azione, che scuote gli assonnati. I nostri santi lo hanno sempre incarnato. Dicevano di sant’Alberto Hurtado che era “un dardo acuto che si conficca nella carne addormentata della Chiesa”. E questo contro quella tentazione che Paolo VI chiamava “spiritus vertiginis” e De Lubac, “mondanità spirituale”. Tentazione che non è, in primo luogo, morale ma spirituale e che ci distrae dall’essenziale: che è essere di giovamento, lasciare un’impronta, incidere nella storia, specialmente nella vita dei più piccoli.

«La Compagnia è fervore», affermava Nadal [9]. Per ravvivare il fervore nella missione di giovare alle persone nella loro vita e nella dottrina, desidero concretizzare queste riflessioni in tre punti che, dal momento che la Compagnia si trova nei luoghi di missione nei quali deve trovarsi, fanno particolarmente bene al nostro modo di procedere. Hanno a che fare con la gioia, con la Croce e con la Chiesa, nostra Madre, e hanno l’obiettivo di fare un passo avanti, togliendo gli impedimenti che il nemico di natura umana ci pone quando, nel servizio di Dio, andiamo salendo di bene in meglio.

1. Chiedere insistentemente la consolazione
Si può sempre fare un passo avanti nel chiedere insistentemente la consolazione. Nelle due Esortazioni Apostoliche [Evangelii gaudium e Amoris laetitia] e nell’Enciclica Laudato si’ ho voluto insistere sulla gioia. Ignazio, negli Esercizi fa contemplare ai suoi amici «il compito di consolare», come specifico di Cristo Risorto (ES 224). E’ compito proprio della Compagnia consolare il popolo fedele e aiutare con il discernimento affinché il nemico della natura umana non ci sottragga la gioia: la gioia di evangelizzare, la gioia della famiglia, la gioia della Chiesa, la gioia del creato… Che non ce la rubi né per scoraggiamento di fronte alla grandezza dei mali del mondo e ai malintesi tra coloro che si propongono di fare il bene, né che ce la rimpiazzi con le gioie fatue che sono sempre a portata di mano in qualsiasi negozio.

Questo “servizio della gioia e della consolazione spirituale” è radicato nella preghiera. Consiste nell’incoraggiarci e incoraggiare tutti a «chiedere insistentemente la consolazione a Dio». Ignazio lo formula in modo negativo nella 6ª regola della prima settimana, quando afferma che «giova molto cambiare intensamente sé stessi contro la stessa desolazione» insistendo nella preghiera (ES 319). Giova perché nella desolazione ci accorgiamo di quanto poco valiamo senza quella grazia e consolazione (cfr ES 324). Praticare e insegnare questa preghiera di chiedere e supplicare la consolazione è il principale servizio alla gioia. Se qualcuno non si ritiene degno (cosa molto comune nella pratica), almeno insista nel chiedere questa consolazione per amore al messaggio, dal momento che la gioia è costitutiva del messaggio evangelico, e la chieda anche per amore agli altri, alla sua famiglia e al mondo. Una buona notizia non si può dare con il volto triste. La gioia non è un “di più” decorativo, è chiaro indice della grazia: indica che l’amore è attivo, operante, presente. Perciò il cercarla non va confuso con il cercare “un effetto speciale”, che la nostra epoca sa produrre per esigenze di consumo, bensì la si cerca nel suo indice esistenziale che è la “permanenza”: Ignazio apre gli occhi e si sveglia al discernimento degli spiriti scoprendo questo diverso valore tra gioie durature e gioie passeggere (Autobiog 8). Il tempo sarà l’elemento che gli offre la chiave per riconoscere l’azione dello Spirito.

Negli Esercizi, il “progresso” nella vita spirituale si dà nella consolazione: è l’andare procedendo di bene in meglio (cfr ES 315) e anche «ogni aumento di speranza, fede, e carità, e ogni gioia interiore» (ES 316). Questo servizio della gioia fu quello che condusse i primi compagni a decidere di non sciogliere ma costituire la compagnia che si offrivano e condividevano spontaneamente e la cui caratteristica era la gioia che dava loro il pregare insieme, l’uscire in missione insieme e il tornare a riunirsi, ad imitazione della vita che conducevano il Signore e i suoi Apostoli. Questa gioia dell’annuncio esplicito del Vangelo – mediante la predicazione della fede e la pratica della giustizia e della misericordia – è ciò che porta la Compagnia ad uscire verso tutte le periferie. Il gesuita è un servitore della gioia del Vangelo, sia quando lavora “artigianalmente” conversando e dando gli esercizi spirituali a una sola persona, aiutandola a incontrare quel «luogo interiore da dove gli viene la forza dello Spirito che lo guida, lo libera e lo rinnova» [10], sia quando lavora in maniera strutturata organizzando opere di formazione, di misericordia, di riflessione, che sono prolungamento istituzionale di quel punto di inflessione in cui si dà il superamento della propria volontà ed entra in azione lo Spirito. Bene affermava M. De Certeau: gli Esercizi sono «il metodo apostolico per eccellenza», poiché rendono possibile «il ritorno al cuore, al principio di una docilità allo Spirito, che risveglia e spinge chi compie gli esercizi a una fedeltà personale a Dio» [11].

2. Lasciarci commuovere dal Signore posto in Croce
Si può sempre fare un passo in più nel lasciarci commuovere dal Signore posto in croce, da Lui in persona e da Lui presente in tanti nostri fratelli che soffrono – la grande maggioranza dell’umanità! Il Padre Arrupe diceva che dove c’è un dolore, là c’è la Compagnia.

Il Giubileo della Misericordia è un tempo propizio per riflettere sui servizi della misericordia. Lo dico al plurale perché la misericordia non è una parola astratta ma uno stile di vita, che antepone alla parola i gesti concreti che toccano la carne del prossimo e si istituzionalizzano in opere di misericordia. Per noi che facciamo gli Esercizi, questa grazia mediante la quale Gesù ci comanda di assomigliare al Padre (cfr Lc 6,36) inizia con quel colloquio di misericordia che è il prolungamento del colloquio con il Signore crocifisso a causa dei miei peccati. Tutto il secondo esercizio è un colloquio pieno di sentimenti di vergogna, confusione, dolore e lacrime di gratitudine vedendo chi sono io – facendomi piccolo – e chi è Dio – magnificandolo – lui «che mi ha conservato in vita fino ad ora» (ES 61), chi è Gesù, appeso alla croce per me. Il modo in cui Ignazio vive e formula la sua esperienza della misericordia è di grande giovamento personale e apostolico e richiede un’acuta ed elevata esperienza di discernimento. Diceva il nostro padre a [san Francesco] Borgia: «Quanto a me, mi persuado che prima e dopo sono tutto un impedimento; e di ciò sento una più grande contentezza e gioia spirituale nel Signore nostro, per il fatto di non potere attribuire a me cosa alcuna che appaia buona» [12]. Ignazio vive dunque della pura misericordia di Dio fin nelle cose più piccole della sua vita e della sua persona. E sentiva che quanto più impedimento egli poneva, con tanta maggior bontà lo trattava il Signore: «Tanta era la misericordia del Signore, e tanta la copia della soavità e dolcezza della grazia sua con esso lui, che quanto egli più desiderava d’essere in questo modo gastigato, tanto più benigno era Iddio e con abbondanza maggiore spargeva sopra di lui i tesori della sua infinita liberalità. Laonde diceva, che egli credeva no vi essere nel mondo uomo, in cui queste due cose insieme, tanto come in lui, concorressero; la prima mancare tanto a Dio e l’altra il ricevere tante e così continue grazie dalla sua mano» [13].

Ignazio, nel formulare la sua esperienza della misericordia in questi termini comparativi – quanto più sentiva di far torto al Signore, tanto più il Signore abbondava nel dargli la sua grazia – libera la forza vivificante della misericordia che noi molte volte diluiamo con formulazioni astratte e condizioni legalistiche. Il Signore, che ci guarda con misericordia e ci sceglie, ci invia per far giungere con tutta la sua efficacia la stessa misericordia ai più poveri, ai peccatori, agli scartati e ai crocifissi del mondo attuale che soffrono l’ingiustizia e la violenza. Solo se sperimentiamo questa forza risanatrice nel vivo delle nostre stesse piaghe, come persone e come corpo [comunità], perderemo la paura di lasciarci commuovere dall’immensità della sofferenza dei nostri fratelli e ci lanceremo a camminare pazientemente con la nostra gente, imparando da essa il modo migliore di aiutarla e servirla (cfr CG 32 d 4 n 50).

3. Fare il bene di buon animo, sentendo con la Chiesa
Si può sempre fare un passo avanti nel compiere il bene di buon animo, sentendo con la Chiesa, come dice Ignazio. È anche proprio della Compagnia il servizio del discernimento del modo in cui facciamo le cose. Fabro lo formulava chiedendo la grazia che «tutto il bene che si possa realizzare, pensare od organizzare, si faccia con buon spirito e non con quello cattivo» [14]. Questa grazia di discernere che non basta pensare, fare o organizzare il bene, ma bisogna compierlo con buon spirito, è quello che ci radica nella Chiesa, nella quale lo Spirito agisce e distribuisce la diversità dei suoi carismi per il bene comune. Fabro diceva che in molte cose coloro i quali volevano riformare la Chiesa avevano ragione, però Dio non voleva correggerla con i loro metodi.

E’ proprio della Compagnia fare le cose sentendo con la Chiesa. Fare questo senza perdere la pace e con gioia, considerati i peccati che vediamo sia in noi come persone sia nelle strutture che abbiamo creato, implica portare la Croce, sperimentare la povertà e le umiliazioni, ambito in cui Ignazio ci incoraggia a scegliere tra sopportarle pazientemente o desiderarle [15]. Lì dove la contraddizione era più flagrante, Ignazio dava l’esempio di raccogliersi in sé stesso, prima di parlare o agire, per operare di buon animo. Le regole per sentire con la Chiesa non le leggiamo come istruzioni precise su punti controversi (qualcuno potrebbe risultare estemporaneo), ma come esempi dove Ignazio invitava nel suo tempo ad “agire contro” lo spirito antiecclesiale, inclinandosi totalmente e decisamente dal lato della nostra Madre, la Chiesa, non per giustificare una posizione discutibile, ma per aprire uno spazio in cui lo Spirito avrebbe potuto agire a suo tempo.

Il servizio del buon animo e del discernimento ci fa essere uomini di Chiesa – non clericali, ma ecclesiali – uomini “per gli altri”, senza alcuna cosa propria che isoli ma mettendo in comunione e al servizio tutto ciò che abbiamo.
Non camminiamo né da soli né comodi, camminiamo con «un cuore che non si accomoda, che non si chiude in sé stesso, ma che batte al ritmo di un cammino che si realizza insieme a tutto il popolo fedele di Dio» [16]. Camminiamo facendoci tutto a tutti cercando di aiutare qualcuno.
Questa spogliazione fa sì che la Compagnia abbia e possa sempre avere il volto, l’accento e il modo di essere di tutti i popoli, di ogni cultura, inserendosi in tutti, nello specifico del cuore di ogni popolo, per fare lì Chiesa con ognuno di essi, inculturando il Vangelo ed evangelizzando ogni cultura.

Chiediamo alla Madonna della Strada, in un colloquio filiale o come quello di un servo con la sua Signora, che interceda per noi davanti al «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» (2 Cor 1,3), perché ci ponga sempre nuovamente insieme a suo Figlio, a Gesù, che prende e ci invita a prendere insieme a Lui la croce del mondo. AffidiamoLe il nostro “modo di procedere”, perché sia ecclesiale, inculturato, povero, servizievole, libero da ogni ambizione mondana. Chiediamo a nostra Madre che guidi e accompagni ciascun gesuita insieme alla porzione del popolo fedele di Dio a cui è stato inviato, su queste strade della consolazione, della compassione e del discernimento.
___________________
[5] MNadal V 364-365.
[6] Lettera 51, A Francisco de Borja, luglio 1549, 17 N. 9. Cfr. M. A. FIORITO y A. SWINNEN, La Fórmula del Instituto de la Compañía de Jesús (introducción y versión castellana), Stromata, luglio-dicembre 1977 – nº 3/4, 259-260.
[7] “Ad profectum animarum in vita et doctrina Christiana” in Monumenta Ignatiana, Constitutiones T. I (MHSI), Roma, 1934 , 26 y 376; cfr. Costituzioni della Compagnia di Gesù annotate dalla CG 34 e Norme complementari, Roma, ADP, 1995, 32-33.
[8] Cfr. MF. 50, 69, 111, 114 etc.
[9] Cfr. MNad V, 310.
[10] PIERRE FAVRE, Memorial, Paris, Desclée, 1959; cfr Introduction de M. De CERTAU, pag. 74.
[11] Ibid. 76.
[12] IGNAZIO DI LOYOLA, Lettera 26 a Francisco de Borja, fine del 1545.
[13]  P. RIBADENEIRA, Vita di S. Ignazio di Loiola, Roma, La Civiltà Cattolica, 1863, 336.
[14] PIERRE FAVRE, Memorial cit. nº 51.
[15] Cfr. Directorio Autógrafo 23.

lunedì 10 ottobre 2016

Noi uomini moderni fluttuiamo: Padre Mauro e Paul Claudel


Un'amica mi ha chiesto di poter leggere il testo dell'intervento di settimana scorsa di Padre Mauro a Lugano.
Tutti i testi di suoi interventi si trovano sul sito dell'Ordine Cistercense: www.ocist.org.
il testo completo si trova qui: 
http://www.ocist.org/ocist/images/pdf/ITConferenzaKievLugano.pdf

Paul Claudel ha creato un'immagine veramente profetica della nostra situazione; in effetti Padre Mauro ci ha descritti con una precisione che può solo destare ammirazione.

In Claudel è all'inizio della Prima Giornata della Scarpina di Raso:











L'ANNONCIER Fixons, je vous prie, mes frères, les yeux sur ce point de l'Océan Atlantique qui est à quelques degrés au-dessous de la Ligne à égale distance de l'Ancien et du Nouveau Continent.
On a parfaitement bien représenté ici l'épave d'un navire démâté qui flotte au gré des courants. Toutes les grandes constellations de l'un et de l'autre hémisphère, la Grande Ourse, la Petite Ourse, Cassiopée, Orion, la Croix du Sud, sont suspendues en bon ordre comme d'énormes girandoles et comme de gigantesques panoplies autour du ciel.
Je pourrais les toucher avec ma canne.
Autour du ciel.
Et ici-bas un peintre qui voudrait représenter l'œuvre des pirates des Anglais probablement, sur ce pauvre bâtiment espagnol, aurait précisément l'idée de ce mât, avec ses vergues et ses agrès, tombé tout au travers du pont, de ces canons culbutés, de ces écoutilles ouvertes, de ces grandes taches de sang et de ces cadavres partout, spécialement de ce groupe de religieuses écroulées l'une sur l'autre.
Au tronçon du grand mât est attaché un PÈRE JÉSUITE, comme vous voyez, extrêmement grand et maigre. La soutane déchirée laisse voir l'épaule nue.
Le voici qui parle comme il suit
Seigneur, je vous remercie de m'avoir ainsi attaché.
Mais c'est lui qui va parler.
Ecoutez bien, ne toussez pas et essayez de comprendre un peu.
C'est ce que vous ne comprendrez pas qui est le plus beau, c'est ce qui est le plus long qui est le plus intéressant et c'est ce que vous ne trouvez pas amusant qui est le plus drôle.
(Sort l'annoncier.)

LE PÈRE JÉSUITE Seigneur, je vous remercie de m'avoir ainsi attaché
Et parfois il m'est arrivé de trouver vos commandements pénibles
Et ma volonté en présence de votre règle Perplexe, rétive.
Mais aujourd'hui il n'y a pas moyen d'être plus serré à Vous que je ne le suis et j'ai beau vérifier chacun de mes membres, il n'y en a plus un seul qui de Vous soit capable de s'écarter si peu.
Et c'est vrai que je suis attaché à la croix, mais la croix où je suis n'est plus attachée à rien. Elle flotte sur la mer.
La mer libre à ce point où la limite du ciel connu s'efface
Et qui est à égale distance de ce monde ancien que j'ai quitté
Et de l'autre nouveau. Tout a expiré autour de moi, tout a été consommé sur cet étroit autel qu'encombrent les corps de mes sœurs l'une sur l'autre, la vendange sans doute ne pouvait se faire sans désordre,
Mais tout, après un peu de mouvement, est rentré dans la grande paix paternelle.
Et si je me croyais abandonné, je n'ai qu'à attendre le retour de cette puissance immanquable sous moi qui me reprend et me remonte avec elle comme si pour un moment je ne faisais plus qu'un avec le réjouissement de l'abîme,
Cette vague, voici bientôt la dernière pour m'emporter.
Je prends, je me sers de toute cette œuvre indivisible que Dieu a faite toute à la fois et à laquelle je suis étroitement amalgamé à l'intérieur de Sa sainte volonté, ayant renoncé la mienne.
De ce passé dont avec l'avenir est faite une seule étoffe indéchirable,
De cette mer qui a été mise à ma disposition,
Du souffle que je ressens tour à tour avec sa cessation sur ma face, de ces deux mondes amis, et là-haut dans le ciel de ces grandes constellations incontestables,
Pour bénir cette terre que mon cœur devinait là-bas dans la nuit, tant désirée
Que la bénédiction sur elle soit celle d'Abel le pasteur au milieu de ses fleuves et de ses forêts !
Que la guerre et la dissension l'épargnent !
Que l'Islam ne souille point ses rives, et cette peste encore pire qu'est l'hérésie !
Je me suis donné à Dieu et maintenant le jour du repos et de la détente est venu et je puis me confier à ces liens qui m'attachent.
On parle d'un sacrifice quand à chaque choix à faire il ne s'agit que de ce mouvement presque imperceptible comme de la main.
C'est le mal seul à dire vrai qui exige un effort, puisqu'il est contre la réalité, se disjoindre à ces grandes forces continues qui de toutes parts nous adoptent et nous engagent.
Et maintenant voici la dernière oraison de cette messe que mêlé déjà à la mort je célèbre par le moyen de moi-même
Mon Dieu, je Vous prie pour mon frère Rodrigue
Mon Dieu, je Vous supplie pour mon fils Rodrigue  
Je n'ai pas d'autre enfant, ô mon Dieu, et lui sait bien qu'il n'aura pas d'autre frère.
Vous le voyez qui d'abord s'était engagé sur mes pas sous l'étendard qui porte Votre monogramme, et maintenant sans doute parce qu'il a quitté Votre noviciat il se figure qu'il Vous tourne le dos,
Son affaire à ce qu'il imagine n'étant pas d'attendre, mais de conquérir et de posséder
Ce qu'il peut, comme s'il y avait rien qui ne Vous appartînt et comme s'il pouvait être ailleurs que là où vous êtes.
Mais, Seigneur, il n'est pas si facile de Vous échapper, et s'il ne va pas à Vous par ce qu'il a de clair, qu'il y aille par ce qu'il a d'obscur et par ce qu'il a de direct, qu'il y aille par ce qu'il a d’indirect ; et par ce qu'il a de simple,
Qu'il y aille par ce qu'il a en lui de nombreux, et de laborieux et d'entremêlé,
Et s'il désire le mal, que ce soit un tel mal qu'il ne soit compatible qu'avec le bien,
Et s'il désire le désordre, un tel désordre qu'il implique l'ébranlement et la fissure de ces murailles autour de lui qui lui barraient le salut,
Je dis à lui et à cette multitude avec lui qu'il implique obscurément.
Car il est de ceux-là qui ne peuvent se sauver qu'en sauvant toute cette masse qui prend leur forme derrière eux.
Et déjà Vous lui avez appris le désir, mais il ne se doute pas encore ce que c'est que d'être désiré.
Apprenez-lui que Vous n'êtes pas le seul à pouvoir être absent !
Liez-le par le poids de cet autre être sans lui si beau qui l'appelle à travers l'intervalle !
Faites de lui un homme blessé parce qu'une fois en cette vie il a vu la figure d'un ange !
Remplissez ces amants d'un tel désir qu'il implique à l'exclusion de leur présence dans le hasard journalier.
L'intégrité primitive et leur essence même telle que Dieu les a conçus autrefois dans un rapport inextinguible
Et ce qu'il essayera de dire misérablement sur la terre, je suis là pour le traduire dans le Ciel.
L’ARALDO Vi prego fratelli miei, fissiamo il nostro sguardo su questo punto dell’Oceano Atlantico che si trova alcuni gradi sotto la Linea [dell'equatore], a uguale distanza fra l’Antico e il Nuovo Continente.
Con che maestria hanno saputo rappresentare il relitto di un vascello disalberato mentre fluttua secondo il capriccio delle correnti.
Le grandi costellazioni dei due emisferi, l’Orsa Maggiore, l’Orsa Minore, Cassiopea, Orione, la Croce del Sud sono sospese ordinatamente nel cielo come enormi girandole o come scudi araldici.
Potrei toccarle con il mio bastone.
Tutt’intorno al cielo.
E se un pittore avesse voluto ritrarre lo scempio dei pirati inglesi su questo bastimento spagnolo, probabilmente non avrebbe immaginato altro che questo albero maestro, caduto di traverso al ponte con tutti i suoi pennoni e le sue sartie, questi cannoni rovesciati e questi boccaporti aperti, queste grandi macchie di sangue e cadaveri ovunque, specialmente quel gruppo di religiose, cadute l’una sull’altra.
Al troncone dell’albero maestro è legato, come vedete, un PADRE GESUITA, altissimo e magrissimo. La sua sottana è strappata e lascia vedere la spalla nuda.
Ed eccolo che parla, come si dirà in seguito
Signore, ti ringrazio di avermi in questo modo avvinto.
Ma sarà lui stesso a parlare.
Ascoltate bene, non tossite e cercate di capire almeno un pochino.
Ed è quello che non capirete che sarà la vera bellezza, quello che sarà più lungo sarà davvero interessante e quello che non troverete divertente  sarà la parte più comica.
(Exit l’araldo)

IL PADRE GESUITA Signore, ti ringrazio di avermi in questo modo avvinto
Anche se a volte ho trovato penosi i tuoi comandamenti
E la mia volontà era perplessa e ribelle alle Tue regole.
Ma oggi non ci sarebbe modo di essere più stretto a Te di quanto non lo sia, e per quanto tenti di scostare uno ad uno le mie membra, non ce n’è uno solo che possa distaccarsi anche solo per un poco.
Ed è pur vero che sono attaccato alla croce, ma la croce su cui sono non è più attaccata a niente. Fluttua sul mare.
In quel punto del mare dove scompare il limite del cielo conosciuto
Quello che si trova ad uguale distanza dal mondo antico che ho lasciato
E da quello nuovo. Tutto è spirato intorno a me, tutto è stato consumato su questo stretto altare ingombro dei corpi accatastati delle mie sorelle, perché è chiaro che la vendemmia non poteva essere fatta senza disordine.
Ma dopo solo un po’ di movimento tutto è rientrato nella grande pace paterna.
E se dovessi pensare di essere stato abbandonato, basta che aspetti il momento in cui la potenza immancabilmente mi riprende da sotto e mi innalza con sé, come se per un momento fossi tutt’uno con l’esultanza dell’abisso.
Ecco che sta per venire l’ultima onda, quella che mi porterà via.
Afferro e mi servo di tutta quest’opera indivisibilmente e tutta insieme fatta da Dio, alla quale sono strettamente amalgamato dentro la Sua santa volontà, perché alla mia ho rinunciato.
Questa stoffa inconsutile fatta del passato e dell’avvenire,
Questo mare che è stato messo tutto a mia disposizione,
Questo soffio che percepisco sul mio volto fra un suo cessare e l’altro, questi due mondi amici e lassù nel cielo queste grandi costellazioni incontestabili,
Sono per benedire quella terra che il mio cuore supponeva laggiù nella notte, intuiva con il desiderio
Che la benedizione di Abele il pastore scenda su di lei, sui suoi fiumi e le sue foreste!
Che la guerra e il dissenso la risparmino!
Che l’Islam non ne insudici le rive, né l’eresia, che è una peste ancor peggiore!
Mi sono consegnato a Dio e adesso verrà il giorno in cui potrò riposare e distendermi affidandomi ai legami con cui sono avvinto.
Bisogna parlare di sacrificio ogni volta che occorre scegliere anche solo di muovere quasi impercettibilmente la mano.
Perché in fondo solo il male necessita uno sforzo, dal momento che è contro la realtà, ci fa separare da queste costanti e immense forze che da tutte le parti ci prendono e lottano con noi.
Ed ora ecco l’ultima orazione della messa che celebro già frammisto alla morte attraverso me stesso
Mio Dio, Ti prego per mio fratello
Rodrigo
Mio Dio, Ti prego per mio figlio
Rodrigo
Non ho altri figli che lui, o mio Dio, e lui sa bene che non avrà altri fratelli.
Vedi come all’inizio ha seguito i miei passi all’ombra del Tuo monogramma, e come adesso s’immagina di averti voltato le spalle solo perché è uscito dal Tuo noviziato,
Stimando che non sia suo compito aspettare, ma conquistare e possedere tutto quello che può, come se qualcosa non appartenesse a Te e come se uno potesse essere altrove che là dove Tu sei.
Ma, Signore, non è facile sfuggirti, e se non Ti raggiungerà attraverso quanto è chiaro, che vada a Te per quel che è oscuro, se non camminerà sulla via diretta, che venga per quella indiretta; se non Ti troverà attraverso quello che è semplice, che Ti trovi in quel che è molteplice, laborioso e frammisto,
E se desidera il male, che sia un male tale che non sia compatibile che con il bene,
E se desidera il disordine, che sia un disordine tale da implicare il crollo e la rovina delle mura che intorno a lui gli sbarrano la via della salvezza, intendo dire: a lui e alla moltitudine che con lui è oscuramente implicata.
Egli è di quelli che non possono salvarsi senza tutta la massa che prende forma dietro di lui.
Gli hai insegnato il desiderio, ma ancora non sa cosa significhi essere desiderato.
Insegnagli che Tu non sei il solo a poter essere assente!
Legalo a quell’altro essere, senza di lui, così bello, che lo chiama attraverso la distanza!
Fai di lui un uomo ferito per aver almeno una volta in questa vita visto l’immagine di un angelo!
Riempi questi amanti di un tale desiderio da esigere nella aleatorietà del quotidiano, che esclude la loro presenza, 
Il reintegro originario della loro essenza secondo quanto Dio li ha concepiti in origine, un rapporto inestinguibile
E quello che cercherà di dire miserabilmente sulla terra, io sarò pronto a tradurlo in Cielo.